Fuori forma

di Shameless

“Da vecchi si torna un po’ bambini”, “lo capirebbe anche un bambino”, “Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai”.
Io, se fossi un bambino comincerei a irritarmi per questi stupidi clichés spesso ripetuti, compreso quello evangelico; siccome sono (quasi) vecchia invece di irritarmi mi incazzo*.
Mi viene in mente il commento di mio figlio quando era nemmeno ottenne: “smettetela di considerarci cretini perché siamo bambini.” Ecco, tutto qua, consideriamo ogni età per quello che è senza pietismi.

Io dunque ho vissuto parecchio, spero di continuare a farlo senza sofferenze, per questo ahimè mi dovrei mantenere in forma. In termini prettamente vinosi, vorrebbe dire continuare a tenere allenati naso e palato, assaggiare con regolarità e prendere appunti. Beh, non lo faccio quasi mai, o bevo o non bevo.
Se bevo, apprezzo, mi concentro e accumulo il ricordo.
Se non bevo non interessa a nessuno, solo al mio stomaco che si ringalluzzisce.
Forse non interessa a nessuno nemmeno cosa succede quando bevo, ma ho scelto di esprimere il mio personalissimo Lamento di Portnoy* confinato al vino e vado avanti.

Con una buona dose di autostima, posso affermare di riuscire a descrivere bene un vino dal punto di vista olfattivo e gustativo; riesco a dargli un punteggio e un giudizio conciso. Vorrei vedere, dopo circa quarant’anni di prove – meglio tardi che mai -. Non riesco però a reggere l’alcol oltre circa il terzo/quarto bicchiere e ciò non è giusto, sebbene inevitabile. Non posso permettermi sguardi pietosi e umilianti offerte di aiuto per camminare fino a casa.

Se il fisico cede, la mente continua a lavorare come sempre, anzi si affina tale e quale a un rosso dentro una botte adatta. Per cui, tornando all’incipit vorrei stravolgerlo così “smettetela di considerarmi rincoglionita, perché sono in piena terza età.” Sono solo fuori forma, non riesco a dissezionare il vino che sto degustando trovando numerose sfaccettature e riuscendo a spiegarle. Già dall’inizio, decenni fa, mi arresi ai miei limiti papillacei e continuai a divertirmi senza pippe mentali. Figurarsi ora che ho tutte le scuse dovute all’età.
Se la forma non c’è, rimane però la sostanza e su quella vale la pena di soffermarsi.

La sostanza del vino per me non ha età, continua a crescere con l’essere umano, perché dell’essere umano è il frutto. Si tratta di una progressione culturale che comprende i cinque sensi, in qualche caso anche il sesto se si è particolarmente, appunto, sensibili.

La sostanza del vino è un legame tenace fatto di piuma e di acciaio che connette l’uomo al suo ambiente e ne fa una vita di contrasti e passioni. Non solo questo però, la sostanza del vino afferra per le orecchie anche la bestia selvatica del mercato, del vile denaro, del consumismo, dell’ostentazione. La afferra e la doma, non sempre ma spesso.

La sostanza del vino accompagna momenti di contentezza, come una bella pagina da leggere, una melodia da ascoltare, un’immagine da ammirare prima di riporla nella parte migliore di sé.
La sostanza del vino è trans-generazionale, mi fa godere della compagnia e della solitudine. Mi basta non andare oltre il terzo/quarto bicchiere.

* Indizio linguistico e citazione inequivocabili da boomer.

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