di Fabio Rizzari
Leggo con stupefazione nel blog di Andrea Scanzi le seguenti dichiarazioni del celebrato mastro vignaiolo Josko Gravner:
“I miei vini capiscono benissimo chi hanno davanti. E si comportano di conseguenza. Se chi li beve è diffidente, si chiudono”; e più avanti, in tono savonaroliano: “Il vino è sacrificio. L’unica evoluzione è tornare indietro”.
Opinioni lievemente diverse da quelle, per dire, di un Michel Rolland. Oggi il critico enologico deve muoversi, anzi barcamenarsi, lungo la direttrice formata dagli estremi di queste due visioni del vino, chiamiamole alfa e omega.
Qui siamo alterati, è vero, ma non tanto alterati da abbracciare la mistica claustrale gravneriana né tantomeno la lucida follia iperinterventista degli enologi globetrotter.