Spettacoli naturali
“Di tutte le meraviglie della natura un albero in estate è la più notevole, eccezion fatta forse per un alce con le ghette che canta ‘Embraceable you’ “
W. Allen
di Armando Castagno
Milano è una metropoli col coprifuoco, almeno per mangiare. Uno pensa che in una città così ci si possa ingorgare nel traffico alle tre di mattina, che sia festa perenne, un sabba di cassoeule e cotolètte, ma non è esattamente così: già alle dieci e mezza per almeno otto mesi all’anno Milano è una città di incroci impresenziati, semafori lampeggianti, di riflessi dei lampioni sulle rotaie e sull’asfalto bagnato, di umidità e pioggerellina quando non nevischio, quel piovasco ghiacciato che ti punge la faccia, il peggiore, qualcosa da cui potresti ripararti solo andando in giro dentro uno scafandro.
di Emily Jo Wolfsson
Pubblichiamo volentieri una lettera ricevuta dalla nostra amica americana. Il suo stile disinvolto e leggermente fuori dalle convenzioni ha complicato non poco la mia traduzione, che però spero risulti comprensibile e godibile anche per i più pervicaci monolinguisti.(RGF)
Few weeks ago I found myself in Chicago.
Before Chicago there was New York and before New York, Florida.
Florida was sticky and humid and hot.
di Armando Castagno
(da ViniPlus di Lombardia n. 7 – Ottobre 2014)
“Le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”
Bernardo di Chiaravalle
Ricevuti in testa diluvi d’acqua nelle due trasferte oltrepadane servite a buttar giù il pezzo sul “Buttafuoco”, stavolta ho atteso direttamente l’arca di Noè alla fermata di Poggiridenti, in Valtellina, nel luglio più piovoso dal paleozoico, e mi accorgo che vado preparando un pezzo su un vino che si chiama “Inferno”. Acqua spegne Fuoco, come in una morra cinese. Forse dovrei cambiare tema, o magari portarmi un ombrello, come del resto mi era stato raccomandato di fare.
Alzo gli occhi poco prima di tornarmene indietro, e vedo un’ultima volta queste balze inconcepibili, arrampicate una sopra l’altra come se l’una dall’altra fossero germogliate, collegate alle poche strade dagli “tzapèl” di pietra, malferme scalinate senza appoggio per le mani. Uno scenario così sarebbe assurdo anche pensandolo all’interno di un plastico; e il calcolo di quante schiene di quante generazioni, quanta immane fatica e quanta fede incrollabile possa essere costata la trasformazione di un contesto duro e pietroso come quello del versante retico della Valtellina in una terra da vino – per quanto poco il vino sia – mi pare inutile, vertiginoso; commovente, però, devo ammetterlo.