Archive for aprile, 2012

30 aprile 2012

Il teorema di Trombagora


di Carlo Macchi

Di solito non leggo Playboy. Capisco, nessuno legge Playboy; si guardano solo le foto. In questo specifico caso sono proprio andato a leggere un articolo, ovviamente coprendomi pudicamente gli occhi quando gli stessi volevano giocoforza cadere su dosi industriali di gnocca.
Tutta questa faticata per arrivare a leggere l’intervista allo chef Davide Scabin del Combal Zero di Rivoli. La segnalazione mi era arrivata da una cara amica, chef anch’ella, che sottolineava la forte affermazione dell’intervistato “Uno chef come cucina, tromba!” Tale assunto, che potremmo definire da adesso Teorema di Trombagora, aveva anche due corollari per niente scontati “Ci sono cuochi che non trombano come cucinano” e “si può capire come tromba uno chef da come cucina”.
Indubbiamente c’era materiale su cui riflettere e questo ho fatto. Eccovi i risibili risultati.

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27 aprile 2012

Zuccheri residui

ndr testo edificante che circola pericolosamente nella posta elettronica. Stavo per cestinarlo, poi – più per stanchezza che per curiosità – gli ho dato un’occhiata. Scrostando lo strato zuccheroso (abbondantissimo) della retorica ci si può trovare almeno un discreto senso vinoso. Visto che i testi alterati sono perlopiù a pH basso, un po’ di zuccheri residui qua e là tendono a riequilibrare. Lo pubblico contro l’esplicito parere negativo del mio dentista. F.R.

Un professore stava davanti alla sua classe di filosofia e aveva davanti a se alcuni oggetti.
Quando la classe incominciò a zittirsi, prese un grande barattolo di maionese vuoto e iniziò a riempirlo di palline da golf. Chiese poi agli studenti se il barattolo fosse pieno e costoro risposero che lo era.

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26 aprile 2012

Un certo peso

di Raffaella Guidi Federzoni

Gli americani, si sa, sono un popolo oversize. Basta mangiare in una delle tante catene di ristoranti di livello medio-basso per rendersene conto. Anche nei ristoranti di fascia più alta spesso ti servono delle porzioni che non sfigurerebbero nella dispensa dell’arca di Noè, in grado di sfamare le bestie per tutta la durata del diluvio, per intenderci. Mi sono più volte chiesta che razza di agnelli allevino per servire delle cotolette dello spessore di pneumatici da Gran Premio. Lo stesso dicasi per dei fragoloni gonfiati col botox.
Contenti loro.

Quando si tratta di vino però la loro propensione all’abbondanza e alla grassezza crea non pochi problemi a noi europei venuti a colonizzare commercialmente il Nuovo Mondo.
Per decenni i consumatori da quelle parti si sono abituati a considerare il valore di una bottiglia in base alla concentrazione, alla densità e alla pesantezza del liquido in essa contenuto. Qualcosa fortunatamente sta cambiando, ma è una strada tutta in salita, con numerosi scivoloni verso il basso.

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23 aprile 2012

Le visite di Persichetti, variante bordolese (ovvero: la tenace eredità di Monsieur Chauvin)

di Alessandro Masnaghetti

Bordeaux, un negozio del centro (mezzo bazar, mezzo libreria)
Persichetti sta cercando maldestramente di rifilare alcune copie della sua nuova cartina di Bordeaux alla “capessa” del negozio.

Capessa: (con aria pensosa) un lavoro davvero interessante, monsieur Persichettì… avrei solo un consiglio da darle.

Persichetti: (ormai in vista del traguardo) volentieri, dica pure.

Capessa: vede… qui in copertina… c’è questa scritta, che tra l’altro non capisco… I Cru di Enogea… ecco, fossi in lei, la farei più piccola, anzi: a dire il vero la toglierei proprio del tutto e metterei solo la scritta Bordeaux, solo un po’ più grande (e già è parecchio grande…)

Persichetti: (trattenendosi a stento) ma vede, quello a cui si riferisce è il titolo della collana… francamente non vedo perché dovrei eliminarlo.

Capessa: (con aria sempre pensosa) mmh, continuo a restare della mia idea, anzi le vorrei dare anche un altro consiglio: vede qui le note alla lettura? Lei ha messo prima l’italiano, poi il francese e infine l’inglese… ecco: io metterei prima il francese, poi l’inglese e infine l’italiano… anzi, l’italiano potremmo pure toglierlo.

20 aprile 2012

La quintessenza della tradizione

di Giovanni Bietti

Borgogno, una firma che è davvero la quintessenza della tradizione: lunghe macerazioni (nonostante l’uso, molto cauto, dei rotomaceratori), botti rigorosamente grandi e usate, lunghissimo affinamento in bottiglia; un anno in più, mediamente, rispetto a quasi tutte le altre aziende della zona. La Riserva merita un discorso a parte: da sempre la Borgogno ha infatti stoccato grandi partite dei migliori millesimi per riproporli sul mercato dopo almeno dieci anni di maturazione; e l’azienda è infatti celebre in tutto il mondo per la disponibilità di vecchie annate, vendute tra l’altro a prezzi spesso più che ragionevoli (il listino attuale parte dal 1961, ma fino a qualche mese fa erano ancora disponibili piccole quantità di annate come il 1947, il 1952, il 1958).

Il Barolo Riserva Borgogno è un prodotto austero e longevo come pochi, ed è davvero raro trovare bottiglie ossidate, anche tra quelle reperite sul mercato. Più chiuso di molti altri Barolo (e perciò spesso penalizzato nelle degustazioni comparate), ha tuttavia alcune caratteristiche specifiche ed inconfondibili, prima tra tutti l’onnipresente nota di cioccolata o cacao amaro, che il lettore ritroverà in molte delle schede descrittive.

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18 aprile 2012

Diva in Borgogna

di Giancarlo Marino

Dopo le tre puntate dedicate ai Grands Jours, trascrivo le note che ho preso nel corso di due mattinate di assaggi durante la manifestazione “collaterale” organizzata a Beaune dal distributore DIVA.

Arlaud. Convincenti tutti i vini presentati da questo produttore (Bourgogne “Roncevie”, Morey St. Denis, Morey St. Denis 1er cru Ruchots, Clos St. Denis). Tutti di bella definizione, “tres Morey”, tensione, ampiezza, bevibilità. Altamente consigliabile.

L’Arlot. So bene che potrei arrecare dolore all’Armando Alterato (noto fan del settore sud di Nuits St. Georges), ma dei vini presentati (NSG 1er cru Clos de l’Arlot e Clos des Forets St. Georges e Vosne Romanée 1er cru Les Suchots) non me ne è piaciuto nessuno. Sono peraltro consapevole che la vinificazione con i raspi e la fase non felice (un po’ come per Dujac) complica una lettura precisa dei vini e quindi sospendo il giudizio rimandandolo a futuri assaggi.

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16 aprile 2012

Il sorcio tra cielo e terra

di Armando Castagno

“Il dottor Kolisko, nel suo prezioso libro “Agriculture Of Tomorrow”, ci fornisce risultati su diversi esperimenti di diluizioni condotti su un protocollo molto rigoroso su animali e vegetali. Effettuando una sperimentazione su topi nutriti quotidianamente con dei semi intinti in diluizioni di diverse soluzioni di nitrato d’argento, nota come, dopo un certo tempo, il loro comportamento cambi.

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13 aprile 2012

Oltre il cancello

di Raffaella Guidi Federzoni

Il mio momento di passaggio fra una giovinezza inconsapevole a quella responsabile fu segnato dal trasferimento dalla mia città natale al luogo dove tutt’ora abito. Lo strumento per attuarlo, la mitica Renault 4, che per brevità chiamerò R4. Per i comuni mortali patente-muniti di quegli anni le scelte erano scarse, ma quasi tutte eccezionali. Oltre alla R4 c’erano la Cinquecento, la Dyane, la 2CV, al massimo la Mini Minor. Automobili entrate nel mito, scomode ed essenziali, dentro le quali venivano consumati i primi rituali di avvicinamento fra i due sessi con notevoli acrobazie. Si guidavano bene però e nel loro essere spartane funzionavano sempre.
L’auto me la comprai con la liquidazione del primo lavoro, integrata da mio padre, fortemente dubbioso sul mio futuro in campagna, ma che si convinse a darmi oltre ai soldi la sua benedizione perché almeno andavo a fare la povera in un luogo altamente vocato per il vino.

Non si contano le strade sassose, piene di polvere e di buche, che percorsi in quegli anni. Nei brevi tragitti in piano spingevo sull’acceleratore per poi cambiare in souplesse alla prima curva, usando quella specie di maniglia di cui era fornita l’auto come il pilota di un jet. Mi sentivo infatti più su di un aereo che per strada, a sessanta all’ora affrontavo le salite come su una pista di decollo.

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