
di Fabio Rizzari
Questo è il racconto di una scoperta sorprendente e insieme l’ammissione di una sconfitta professionale.
La scoperta, che non è esagerato definire epifania, riguarda un vino di notevole personalità, il Morello Sellari Franceschini, rosso che è stato prodotto per decenni a Scansano, in Maremma.
La sconfitta professionale è l’aver ignorato, per un così ampio arco temporale, una tale bellezza. A poche centinaia di chilometri da Roma. Non in qualche sperduta plaga – e non sarebbe un’attenuante, ovviamente – della Barbagia o del preappennino silano.
Il suo ispirato artefice, Mario Gallori, se n’è andato nel 2021. Mi sono risparmiato un qualche sonoro e meritato vaffa per la mia ignavia pluriennale, o come minimo di essere apostrofato, insieme a molti miei colleghi*, con ammonimenti neotestamentari come: “allontanatevi da me, operatori di iniquità.”
Il vino, almeno stando alle mie ricerche, non ha letteratura critica consolidata, se si esclude una scheda isolata dell’implacabile Gino Veronelli risalente al 1985. Scarni i dati salienti: vigna in località Gaggioli Bassi, esposta a nord e a 400 metri di altezza sul mare, uve (sangiovese, naturalmente) vinificate con metodi proto-vinnaturisti, vino “affinato” – come si diceva un tempo – in botti di castagno. Fine.
Dettagli esecutivi particolari, magie, colpi di genio dell’interprete: non documentati; se mai ci siano stati, e i vini sembrano suggerirlo con forza, rimasti segreti.
Resta la sihouette peculiarissima di un Morello/Morellino molto sottile e modulato. Nelle annate migliori, beninteso: varie altre denunciano una certa variabilità di esiti e quindi una qualità più chiaroscurale, come spesso capita ai vini iper artigianali. In ogni caso l’opposto di non pochi Morellino alcolici, caldi, tagliati con l’accetta nell’estrazione tannica. Complimenti tardivi.
![]()

Un ringraziamento per l’ampia degustazione alla famiglia di Mario Gallori, ai collezionisti/bevitori Antonio Stelli, Maurizio Bigoni, Adriano Bruni, Andrew Mac Millan, e ad Alberto Tanzini (ora proprietario della vigna del Morello) per l’ospitalità.
Scansano, 7 luglio 2023
2019
Da subito nitido all’olfatto, “fiato” pulito; attacco un poco rigido, centro più snello, finale di media persistenza
2018
Colore più intenso del precedente, naso caldo, attacco tannico, tannini di grana grossa, saporiti
2017
Bel colore, intenso ma non saturo; pieno, espansivo, bella spinta, finale non profondo ma affusolato
2016
Magnifica espansione aromatica, tenue nota di brett che non inquina lo spettro aromatico; preciso, succoso, longilineo; vino di carattere, incisivo, finale balsamico, persistente
2015
Bella tinta, bella apertura dei profumi; simile all’immagine olfattiva del 2016; tannini più terrosi, stessa succosità, finale leggermente asciugato, ma di carattere
2012
Evoluto, terziario, ma ancora abbastanza vitale al palato; attacco tannico, centro sapido, chiusura fresca
2008
Aromi in riduzione, da attendere; freschezza e slancio al palato, contrasta i toni ossidativi con una progressione magnifica
2007
Toni medicinali sulle prime, comunque grande ampiezza e articolazione; tannini un po’ polverosi ma energico anche in chiusura
2006
Terziario ma ancora tonico; in riduzione, da aspettare, caldo ma non statico, maglia tannica più fitta di altri, un po’ più austero dei precedenti

2005
Timbro di pelliccia ormai da considerare tipico del cru, almeno nelle versioni più avanti negli anni; più vegetale dei fratelli minori, stessa progressione salino/acida, finale verde ma non aggressivo
2004
Colore ancora vivo; timbro olfattivo in linea con le altre annate, sentori un po’ verdi ma saporiti; complesso, evoluto, lungo
2002
Apertura aromatica luminosa, di grande freschezza; slanciato, particolarmente armonioso, un rosso di grande carattere
2001
Coerente con l’assetto dei profumi dei vini precedenti, vivo, pieno, si allenta in chiusura ma conserva freschezza
2000
Più multidimensionale del 2001, tannini leggermente asciugati, sfumature medicinali nel finale
1997
Humus, caffè, costa di sedano; leggermente fuori sesto al naso ma ricco, slanciato, finale ancora sulla polvere di caffè, armonioso
1995
Polvere di caffè insieme a sentori di lampone, si affaccia il frutto: succo e slancio, la migliore annata rispetto a tutte le altre a parte la 2008 e la 2016; finale agrumatissimo
1981
Davvero intrigante all’olfatto, ancora molto vitale, agrumi canditi e caffè, tendenza dolce ma senza alcuna sensazione zuccherina, finale modulato, in crescendo
1980
Un po’ velato al naso ma bottiglia vitale quanto l’81, agrumi e sale, bella articolazione
1977
Colore torbido, dai riflessi (inevitabilmente) spenti; naso particolarmente tartufato, sapore di agrumi e salsedine, fine nella trama tannica, chiusura ancora vitale: assetto aromatico e gustativo imparentato – per quanto bizzarro possa suonare – a un grande Climens
* l’amico e sodale pluridecennale Giampaolo Gravina era a sua volta presente all’assaggio, non è escluso che si pubblichi qui negli Alterati un suo testo in materia nel prossimo futuro (tra l’autunno del 2023 e l’estate del 2066)

Lascia un commento