
di Shameless
Mi avvisarono che il nuovo importatore bulgaro era ripassato per salutare, dopo la visita e degustazione del giorno precedente. Io lunedì non c’ero, quindi il martedì l’uomo in questione si era preoccupato di tornare per incontrarmi. O almeno così pensai; quando scesi con la mano tesa e il sorriso stampato mi resi conto di essermi sbagliata, non solo non aveva idea di chi fossi, ci mise anche un po’ a capire quale ruolo svolgessi all’interno dell’azienda, per lui il mio più giovane e scattante collega era il referente unico. Il suo italiano rudimentale non aiutava, anche un malcelato maschilismo “Che c’azzecca una signora matura con il rampantismo del mercato estero?” questo gli lessi negli occhi molto chiari e piuttosto freddi.
Chiarito a mozziconi il malinteso, cominciai a ringraziarlo per il suo interesse, il primo ordine – pagato in anticipo – era risultato soddisfacente anche se contenuto. Me lo aspettavo, il mercato bulgaro si colloca non solo geograficamente ai confini dell’Impero Enoico mercantile, oltre a produrre vini loro in quantità industriale, però tutto sta a cominciare.
L’Omo amava chiacchierare, più sciolto e disinvolto a mano a mano che mi spiegava come era arrivato a noi. Era già stato anni fa nella nostra altra azienda in Maremma, quella per così dire “minore”. Un suo amico e connazionale si era occupato di alcuni lavori di ristrutturazione e lui l’aveva accompagnato.
Di quel suo amico mi era rimasto un ricordo molto preciso: macho, ambiguo e inaffidabile. Anche a suo modo pittoresco. Un piccolo bandito dell’edilizia a cui era meglio non chiedere l’origine di certi materiali. Aveva anche cercato di spacciare alcune botti del paese suo, risultate inservibili. Ricapitò dopo un paio di anni presentandoci un tipo vecchiotto, baffuto e militaresco che, secondo lui, era un potentissimo imprenditore e che stava aprendo un locale – dalle descrizioni metà Casinò e metà bordello – situato in una località molto elegante sul Mar Nero.
L’improbabile importatore era accompagnato da una fanciulla formosa e ingioiellata, visibilmente annoiata durante la visita e la degustazione. Fu l’unica volta che la coppia apparve, perché poi si dileguò senza lasciar traccia. Presto scomparve anche il banditello imprenditore e dopo un certo tempo arrivarono voci che fosse stato ucciso e sepolto nel cemento. La storia ci fece una certa impressione, poi ce ne dimenticammo.
Ora mi trovavo di fronte a un uomo calvo e muscoloso, non proprio di primissimo pelo, ma nemmeno di ultimo. Stavo per comporre un’espressione di circostanza riguardo alla brutta fine della comune conoscenza, quando lo slavo mi interruppe dicendomi che l’amico era vivo, vegeto e pimpante. Abitava a Sofia e continuava a lavorare alacremente, a modo suo.
Rincuorata, archiviai mentalmente il caso e mi disposi a una conversazione rilassata in piedi sul ghiaino del piazzale. Venni così informata che l’attività principale del nostro recente business partner era quella di Deejay, nei migliori ristoranti e discoteche della capitale bulgara. A quel punto cominciai a fantasticare di una manica di millennials sballati fra luci psichedeliche mentre quel tipo tarchiato vestito di pelle nera e tatuaggi, ancheggia sul palco circondato da consoles e giradischi cromati. Nelle pause, sommeliers dark scivolano fra i danzanti versando Brunello in calici punk. Oppure al bancone un atletico mixologo sforna cocktails a base di Sangiovese. Meglio questo come sballo di altro, molto meglio.
Era un pomeriggio autunnale anche un po’ noioso e io stavo sostenendo una conversazione con un tipo che cercava di rendersi simpatico. Lo ascoltai qualche altro minuto, poi lo lasciai andare con un paio di bottiglie in omaggio.
Salendo le scale per rientrare in ufficio pensai, per l’ennesima volta, quanto il mio lavoro mi portava a conoscere figure umane molto diverse, distanti dall’abituale comfort zone di una signora di mezz’età e per questo molto, ma molto, più interessanti.

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