di Shameless
Una donna cammina di sera su marciapiedi illuminati dai fari che scorrono. Mentre cammina non fuma, lo fa quando si siede, con il garbo e la sensualità che appartengono a tempi in cui fumare una sigaretta non era un crimine ma uno strumento di seduzione.
Una donna in bianco e nero con il bavero rialzato di un cappottino, o forse di un impermeabile.
Una donna di cui non si vedono le tette, nemmeno le gambe. Bastano gli occhi e le labbra. Anche quando è in sottoveste, si notano solo gli occhi e le labbra.
E la voce.
Questi sono gli anni del bianco e nero, qualche sfumatura è concessa, però la forza d’impatto è tutta nel dualismo imperante dei due pantoni.
Dopo sono arrivate rivoluzioni colorate dai fiori o dal sangue, spesso da tutti e due insieme.
Dopo è nato tutto, si è scoperto tutto, si è reinventato tutto e tutto si è saputo subito da tutti.
Ovvero, quasi tutto e quasi tutti.
Rimane l’immagine di una donna che cammina la sera, le onde dei capelli, il mistero dello sguardo, quella sigaretta.
Il suo nome può essere Jeanne, Laureen , Silvana.
La sua voce è lo sguardo, il bavero, il soffio di fumo, lo scarso sorriso.
Noi nostalgici beviamo ancora qualche vino superstite degli anni in bianco e nero. Lo beviamo con lo stile di adesso, venerandolo se ha mantenuto la sua dignità integra, commiserandolo se non ce l’ha fatta.
I nostri padri e nonni se lo bevevano con meno complicazioni, volevano trattarlo bene sì, ma senza inginocchiarsi.
Poi arrivava una donna col bavero rialzato in cerca di un cerino e il vino si ritirava per fare spazio alla notte e al whisky.
Adesso la notte continua scandita dalla stappatura di bottiglie sempre più pregiate, antiche, preziose, venerate. Così fuori la donna che aspetta nel bianco e nero della strada rimane da sola.