Ne è passato di vino sotto i ponti

di Giancarlo Marino

Dieci anni non sono pochi. Anzi, a pensarci bene, sono fin troppi e passati troppo velocemente da quel 25 febbraio 2012. Probabilmente Berta ancora filava quando Fabio mi spiegò che avremmo scritto per la Accademia degli Alterati se e quando ne avessimo avuto voglia. Di vino, ovviamente, ma non solo.

E infatti iniziai con un “non solo”, riportando un fatto verificatosi proprio in quei giorni.
L’articoletto, dal titolo “tutti e tre”, lo riporto qui di seguito perché non posso pretendere che il lettore se lo vada a cercare in archivio, anche perché come vedrete non ne valeva la pena.

Tutti e tre

Pochi giorni fa, al Tribunale penale di Latina, tutto assolutamente vero, visto e udito da me.

Chiamato il processo a carico di XY, l’imputato, con ogni evidenza un giovane napoletano di modesta cultura e con mise sgarrupata, si avvicina al Giudice e gli consegna una lettera da parte del suo difensore. Il Giudice legge in silenzio, poi visibilmente accigliato: “Cancelliere verbalizzi l’istanza dell’avvocato WZ. Atteso che oggi si festeggia l’ultimo giorno di carnevale, particolarmente sentito nella città partenopea, ritenuto non prudenziale mettersi alla guida per raggiungere il Tribunale di Latina, chiedo che il Giudice voglia rinviare il processo ad altra data”.

Il Giudice ha rinviato il processo.
A questo punto mi viene il dubbio su chi dovrebbe essere iscritto ad honorem all’Accademia degli Alterati: lo sgarrupato, l’avvocato, il giudice o tutti e tre?

In seguito l’argomento vino è stato trattato, ma il minimo indispensabile e, quando è accaduto, spesso si è preferito un taglio trasversale, obliquo, sbieco, sghembo – “de sguincio”, giusto “pe fa’ la vita meno amara”, come si direbbe a Roma.

Da membro effettivo dell’Accademia degli Alterati fin nel midollo mi auguro che non si disperda questo spirito, un po’ goliardico e un po’ cialtrone, per altri dieci anni. Poi si vedrà.

Postilla della Coatta

Eterna giovinezza

di Snowe Villette

So’ io la prima femmina de qua a scrive’ pella celebrazzione der decennale alterato.
So’ la coatta gnorante e nun je frega gnente a nisuno de buttamme drento le fauci dei lettori pelouovisti, che puro qui nun mancano.

Ma io so’ de cotica dura e nun me smovo.
Nun me fate paura.

Ner decennio trascorzo, tanti Cosi so’ passati e poi annati, ho perso er lavoro e me ne so’inventata n’artro, poi n’artro ancora. Pòra nonna se n’è annata a sta’ mejo, spero. Mi madre ha cambiato gatto, le staggioni se so’ arternate come je pareva.
Er vino è rimasto a famme compagnia e imparamme l’arte de bere pe’ gòde e no inciuccasse.

DuCognomi e l’Editore nun se so’ mai storti daa scrittura mia che è un po’ così e un po’ cosà, nun corrisponne a gnente, solo a me.
Qui drento me trovo bene e ce vojo resta’, penzo che il contributo mio è quello daa voce popolare genuina, quello de quarcuno che ha ner curriculum (l’ho scritto bene? Me sembra de sì) solo er palato, le recchie, li occhi e la voja re racconta’ che vor di’ esse’ eternamente ggiovane, senza vergognasse de questo. Raccontallo cor vino.

A Roma Sudde so’ nati e cresciuti posti de vino che dieci anni nun ce penzavi esse’ possibile. So’ arrivati pisquani già imparati che guai a dije che quer vino cià er colore e puro er sapore de brodo de gallina – de quelle vecchie -, te schizzano manco fossi tu a puzza’. Gente che scrive tarmente bene che nun ce se capisce gnente, si nun sei iniziato a pratiche esoteriche.

Ce vojono puro loro, so’ ecumenica.
Ma più de tutto, più der dire-fare-baciare-lettera-testamento ce vòle la voja de uscì daa comfort zone (anche questa l’ho scritta giusta) e provasse a fa’ diverso, a beve diverso, a scrive diverso, a nun ave’ paura der diverso. Tié, ciò messo puro er messaggio sociale.

Qui ce sto io che spero nun ve facci passa’ la voja de legge’ diverso.
A invecchia’ ce vòle gnente, pe’ rimane’ eternamente giovani de testa – e puro der resto – tocca lavoracce, ma se tratta dee lavoro che paga.
Mo vado, le celebrazzioni nun so’ era campo mio, spero d’esserme spiegata.

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