di Armando Castagno
Alcol. Uaaaaaaaaaaargh! Il nemico pubblico numero uno nel mondo del vino del 2012, roba da sito dell’FBI. Bisogna ammettere che come parabola discendente non c’è male: quello che nei tempi antichi era l’elemento caratterizzante del vino, ciò che donava la divina ebbrezza, e che ancora a metà del XX secolo faceva coniare ai nostri grandi autori metafore splendide come “il fiato del Barolo”, oggi è forse l’unico elemento che mette d’accordo tutti: guerra all’alcol, in nome d’Iddio. Nella mia piccola cerchia di amici, sono noto per essere uno che ama, o comunque non disdegna, le annate calde; prima di tutto, prima di buttarmi sul discorso del potenziale redox, perché non è l’alcol di certi vini-caricatura (tutti molto alcolici invero) la cosa che mi respinge.
L’alcol può essere un elemento che sa cooperare con gli altri (fenoli maturi, originalità e bellezza degli aromi, qualità e amalgama degli acidi, salinità incisiva) nella costruzione di una astronave funzionante: spinge su i profumi, ne è il propulsore, ne traccia di insoliti, e in qualche caso, conoscendo i territori, di ineluttabili, o come minimo di attendibili. Un esempio ce l’ho sotto il naso mentre scrivo: l’Irpinia Campi Taurasini Satyricon 2009 di Luigi Tecce, vignaiolo a Paternopoli e persona platealmente eccezionale, ma per davvero, a un primo sguardo.
Evidenti, accostando il naso, due cose: primo, il produttore se non è un genio è come minimo una persona di non comune cultura; secondo, che è l’alcol qui il pennello che disegna il quadro: pennello grosso a setole morbide e colori pastosi e “mangiabili”, ma brillanti, come le gouaches di Talens. Il rosolio, descrittore al limite dell’innegabile nel vino di Luigi, è alla fin fine un liquore, la frutta che si percepisce è macerata nell’alcol, la china si sente anche lei più spesso in certi liquori che altrove e qui è così netta che pare aggiunta al vino. C’è anche tanto d’altro: lo bevi e ne vuoi riversare nel bicchiere, e ti senti un po’ Noé. Cioè un tipo vecchio, o vecchissimo – se non ricordo male Noé nella Bibbia è secondo in stretta fotografia* di Matusalemme, 969 anni il secondo, 940 il costruttore dell’Arca – e soprattutto uno diventato saggio.
Al punto che sapresti cosa dire su due piedi al poliziotto col palloncino in mano e l’indice di alcolemia, il tuo, dico, che segna un valore (ben) oltre lo 0,5. Ricordo De Crescenzo e il suo fattariello** in cui un tizio viene sorpreso a fumare in autobus (il controllore: “lei è in contravvenzione, questo è un mezzo pubblico e non si può fumare”, lui “ma veramente io adesso mi sono preso il caffè”, l’altro “Ah. Va buono”). Ecco. Mi piacerebbe sapere che esistono poliziotti che all’obiezione “Zero punto sei? Ma veramente io adesso mi sono bevuto il Satyricon 2009 di Tecce” risponderebbero “E ha fatto buono. Salute a lei. Gliene avanza mica un goccio?”.
* gergo ippico, e pazienza per chi non sa.
** Luciano De Crescenzo, Così Parlò Bellavista, Mondadori, 1977, vatti a ricordare il capitolo.