GdM

di Raffaella Guidi Federzoni

Da ragazzini i nostri genitori ci proibivano di fumare, non sopportavano che dicessimo parolacce e criticavano il nostro modo di vestire. Finalmente cresciuti e diventati noi stessi genitori, ci ritroviamo figli adolescenti che non vogliono che fumiamo, si vergognano sia del nostro turpiloquio che dell’abbigliamento. E se non abbiamo figli ci pensano i nostri consorti a ricoprire tale funzione.

L’amara constatazione si estende alla categoria dei critici enoici della generazione di mezzo (d’ora in poi GdM) che ha fatto una faticosa gavetta sotto i primi padre-padrone del mestiere, i quali hanno forgiato la professionalità dei propri pupilli a colpi di umiliazioni.

Sono entrati in numerose cantine ai tempi in cui i produttori consideravano la professione di critico un lavoro di scribacchini ignoranti. Hanno seguito e sorbito l’evoluzione da mediocrità a qualità di denominazioni ora pluristellate. Hanno fatto la fame per colmare la sete di conoscenza. Adesso che ambirebbero a mettersi tranquilli a valutare solo quelle due o tre zone vitivinicole che apprezzano sul serio, si trovano un’ondata di rampanti enocaghetti dell’ultima ora che gli soffia sul collo. Gioventù viziata dalla facilità di corsi AIS e simili dietro la porta di casa. Ragazzotti abituati a frequentare con facilità luoghi virtuali e a carpire informazioni al volo. Bambocci che si vantano di avere già due o tre anni di esperienza degustativa più un paio di Master in qualcosa qualsiasi essa sia.

E siccome l’enocaghetto attira i suoi simili, che poi sono quelli disposti a sborsare cifre assurde pur di far parte della stessa categoria, finisce che ha più visibilità e successo dell’autentico esperto GdM. Quest’ultimo quindi si sente cornuto e mazziato. Fino a quando, e quel quando prima o poi arriva, allo stesso tavolo di degustazione alla cieca, l’enocaghetto sbaglia platealmente vitigno, denominazione e aromi terziari. Naturalmente se ne accorge solo l’esponente della GdM, ed il sogghigno di soddisfazione viene signorilmente interiorizzato, ma basta per liberarsi dalla Sindrome di GdM, almeno per il resto della serata.

15 commenti to “GdM”

  1. Taluni ambiscono con ossessione ad ottenere un posto al sole, ove al contrario è bene che resti la vigna. L’uva perlomeno con il tempo matura.

  2. Non mi ritrovo tanto in questo pezzo: si potrebbe anzitutto parlare in generale, non solo per quanto riguarda il vino. La nostra generazione (la mia, quella dei 20-30enni) è stata semplicemente fottuta, oggi in Italia, dalla generazione che l’ha preceduta, la quale riapplica su di noi le stesse pratiche di clientelismo padronale che lei stessa ha dovuto subire per prima, con la differenza che noi oggi abbiamo il Grande Fratello, e il muro di Berlino non sappiamo nemmeno cosa sia. Non abbiamo le forze per imporci, farci rappresentare, farci sostenere. La generazione di mezzo ha perso, la nostra non ci ha nemmeno provato. Perciò non riesco a vedere anche nel mondo del vino nemmeno un caso che smentisca quanto detto, non riesco ad immaginare quali possano essere gli “enocaghetti” che hanno più successo dell’esperto GdM. A meno di aver capito male qualcosa.

  3. Penso che in quasi tutti gli ambiti professionali gli anziani abbiano fatto il loro tempo e che debbano imperativamente fare largo ai giovani, non ci metto della retorica grillina in questo ma trascrivo una banalissima verità. Io mi rubrico infra gli anziani, ovviamente. Curando guicciardinianamente il mio particulare, al momento non posso però pensionarmi, ma appena avrò le risorse economiche per farlo – più o meno nella prossima reincarnazione – sentirò doveroso trasferirmi ai giardinetti.

  4. Noi enocagnetti giovanissssssssimi siamo il futuro anzi, il futuro anteriore, perchè siamo talmente avanti che i GdM non possono nemmeno immaginare.

  5. “Enocaghetto” entra ufficialmente di diritto nel mio dizionario top. Al top numero uno rimane però “bimbominkia”, la cui definizione sulla nonciclopedia (ovviamente web perchè anche i GdM usano il web, ad hoc, più saggiamente degli enocaghetti) è una pagina che tengo pronta alla consultazione ogni volta che desidero contorcere le budella.
    Bellissima la soddisfazione di sputtanare (almeno interiormente e signorilmente) il caghetto, sia esso eno-caghetto (come nel tuo caso) o tuttologo-caghetto (spesso incontrato sulla mia via). Nel dubbio di essere ancora parte della GdM, saluto cordialmente

  6. Giusta considerazione quella di Carlo. L’enocaghetto (si continuerà a chiamarlo così, spregiativamente, ma è ovvio che si tratti di una categoria che comprende capaci ed incapaci in proporzione variabile, come qualsiasi altra – senza che peraltro tutte debbano avere la stessa, di proporzione) non è una questione anagrafica, ma è una categoria dello spirito, nonché dell’opportunismo, a volte forzato.

    Insomma, gli enocaghetti sono quelli che si sono trovati a parlare e ad occuparsi di vino sul web, venendo investiti dalla potenza del mezzo in maniera del tutto irrelata rispetto ai propri meriti.

    Sono insomma quelli che sono rimasti fuori dal giro delle guide, degli editori, dei nomi importanti, a volte perché espulsi per inadeguatezza, a volte autoesclusi per inerzia, a volte allontanatisi per scelta, a volte per caso. A volte arrivati tardi per età (credo che ormai gli editori cartacei stiano riducendo e non ampliando i ranghi), ma forse è la categoria minore.

    Il punto con la GdM è che ha creduto alla versione socio-politica della famosa teoria del pasto gratis: ha creduto che, in virtù del benessere diffuso in cui sono cresciuti, il potere o anche solo l’affermazione professionale si potessero passare da una generazione all’altra senza conflitto, per semplice diritto d’attesa, come quando si è in fila per prendere il biglietto del treno. Boccaloni.

  7. La GdM, quella ‘seriamente alterata’, non dovrà solamente farsi da parte. Ha, in questo momento preciso, il dovere di formare le nuove generazioni di degustatori, quelli veri. Con metodo, laicità e sguardo al futuro; nessuna confraternita, nessuna religione. La critica del vino (ed il vino in senso lato) è in piena rivoluzione; nei mezzi, nei contenuti, nel linguaggio. Gli enocaghetti sono un’espressione malata di un grande cambiamento, di una grande opportunità. C’è la concreta possibilità che la critica di domani possa essere migliore di quella di oggi, così come quella di oggi ha avuto espressioni più illuminate di quella di ieri. Rilancio la palla.

  8. il mio unico dubbio è che di enocaghetti ce ne sia talmente tanti da rischiar di finire sommersi in un mare di m..da. Caro filippo, da giovane 38enne guardo alla GdM con un ossequioso rispetto (e so che il mio non voler scavalcare nessuno mi costerà il mio ipocrita posto al sole) senza chiedere loro numi ma semplicemente confrontandomici partendo dal presupposto che ne sanno più di me perchè hanno assaggiato di più, hanno parlato di più con i produttori, hanno viaggiato di più. La degustazione in sé è onanismo enologico, il potere evocativo del vino la sublima (non prescindendone) attraverso una narrazione fatta di esperienze concrete. Mi si consenta però al contempo una tiratina d’orecchi alla GdM: non sempre e non tutti hanno avuto il coraggio di mandare a enocagare gli enocaghetti, gli adulatori sorridenti e ipocriti, e accettare il confronto con persone che avevano e hanno fame di verità più profonde di “ilvinosipresentatrallimpidodalcolorerubinoscaricoallunghiagranatoabbastanzaconsistente
    intensocomplessofruttatoflorealemineraleseccoabbastanzacaldopocomorbidofrescotannicoabbastanza
    sapidoequilibratointensomoltopersistentetrailfineeleccellentearmonicopronto”

    • Apprezzo la capacità di esprimere rispetto, è una virtù rara nel pollaio del vino, soprattutto nel pollaio del vino internettiano, dove in genere prevale la denigrazione gratuita e, come dice Armando, la perculatio più o meno esplicita.
      Ho invece dei dubbi sul fatto che la GdM (nella quale mi annovera Raffaella), e in generale i più vecchi, abbiano per status più esperienza e più capacità.
      Credo infatti che il talento interpretativo prescinda. O meglio, che delle fondamenta di esperienza siano ovviamente necessarie, ma non decisive.
      Ho scritto da mesi un articolo su questo tema, la prossima settimana lo pubblicherò. Ecco intanto uno stralcio direttamente collegato a questo albero di commenti:

      Molto tempo fa, nel periodo dei miei disordinati studi musicologici, ebbi come insegnante di violoncello (cinque anni buttati nel tentativo di cavare un singolo suono dallo strumento) uno dei violoncellisti dell’Opera di Roma. Per questo mi capitò di conoscere il primo clarinetto della stessa orchestra. Un vero travet della musica: tecnicamente ineccepibile e freddo come una serata di gennaio a Danzica. Senso musicale, zero. Con la stessa pignoleria vuota avrebbe potuto fare l’assicuratore o l’istallatore di caldaie.

      Una mia amica d’infanzia, che non aveva studiato musica un solo giorno, poteva invece canticchiare il soggetto di una fuga bachiana con un’ispirazione, una pronuncia, un senso musicale molto convincenti. Aveva capito quello che c’era da capire. Se avesse deciso di fare la clarinettista, oggi non avremmo un coglione in meno ma di sicuro una musicista vera in più.

      Nel vino vale lo stesso, pari pari. So di macchine da guerra che hanno stappato, centellinato, provato e riprovato migliaia di bottiglie. Che sanno discettare con perentoria sicurezza su cru, annate, produttori. Ma che passano a lato di tutto ciò che un vino avrebbe eventualmente da comunicare. Non hanno capito quello che c’è da capire.

      • Sono d’accordissimo. Anche sull’intervento di prima quando si parla di “de-formare”. Mi rendo conto, ogni giorno che passa, che più riesco a togliermi di dosso un pezzettino di un certo tipo di enoletteratura, quella che inevitabilmente ognuno deve affrontare agli inizi, più faccio un passo avanti nella comprensione del vino. Sulla questione anagrafica invece vorrei citare testualmente le parole di un caro amico:

        “Quello che ho imparato io in dieci anni di corsi di degustazione è che in realtà stabilire se uno capisce o non capisce un cazzo di vino è affare assai delicato, e non dipende un gran che dall’esperienza. Essere “ESPERTI” è una cosa. Che sinceramente a me interessa abbastanza poco. Qualsiasi coglione anosmico e totalmente privo di senso estetico ma con il portafogli pieno zeppo di euro può diventare esperto di vino […] Il talento e la sensibilità per la degustazione possono risiedere in chiunque, anche in chi è la prima volta che assaggia un vino, ed è qui che c’è il succo, è qui che conviene spendere tempo a confrontarsi con attenzione, con rispetto. Sapessi quante volte i miei allievi mi hanno dato l’opportunità di scoprire e capire qualcosa di nuovo…”

  9. Di solito non mi piace aggiungere commenti a chi mi commenta, ma in questo caso mi sembra doveroso. Vorrei che fosse chiaro che il mio post è collocato nell’ambito dell’Accademia degli Alterati. Se tale posto si chiamasse Accademia dei Corretti, non ci sarebbe stato spazio. Considerando quindi la base “alterata” di partenza è possibile capire che le mie parole non devono essere considerate definitive o categoriche. Ha ragione Fabio, ci sono GdM inadeguati perché privi di talento che continuano a navigare nel mare enoico come certi burocrati che vanno avanti con scatti di carriera automatici. Ci sono anche numerosi giovani, penalizzati solo da motivi anagrafici, che dimostrano non solo passione e professionalità, ma anche quel “je ne sais pas quoi” che ne fa quasi dei mostri (in senso positivo). In più sono molto più capaci di usare gli strumenti di comunicazione ad hoc.
    Quello che ho scritto non prende posizione a favore di una categoria o di una fascia d’età. Mi sono limitata a raccontare una sensazione, debitamente alterata.

    • Per fortuna. Altrimenti, se avessi esagerato sulla difesa, da alterato il pezzo sarebbe diventato annacquato. E il vino annacquato non piace né alla GdM né all’enocaghetto.
      Prosit

    • Aggiungerei che i giovani bravi e preparati potrebbero pur pensare di occupare altri spazi dell’Enomondo. Gli ambiti commerciali delle aziende vinicole, dove la preparazione sta a zero, l’intero mondo della ristorazione, gli spazi che vi sono nel rapporto con i clienti privati ancora non sviluppato in Italia, tutto ció è piuttosto inesplorato. Tuttavia continua la corsa verso la divulgazione su carta ed internet, e non mi sembra neppure ben retribuita.

  10. Ho pubblicato un post su un argomento confinante nel blog espressico. Infatti Benedetto XVI è indubbiamente uno dei più noti pontefici presenti oggi nella nostra penisola, ma non è l’unico: molti altri pontefici si aggirano, soprattutto nel mondo del vino.

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