Archive for dicembre, 2012

17 dicembre 2012

Bollicineterapia: how I did it

champagne eterodosso

di Chiara Giovoni

Mi ero quasi convinta che sarebbe bastato il quarto di copertina per descrivere di che tratta il mio libro, anche per evitare di essere troppo auto celebrativa, però mentre cercavo le parole per parlare d’altro invece che di Bollicineterapia, proprio oggi è successa una di quelle piccole cose.

Le piccole cose sono quelle inezie che sembrano appoggiate li, tra il lusco e il brusco, nelle pieghe dei minuti che si rincorrono.

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15 dicembre 2012

Dire panel al panel

castoro-assaggiatore

di Fabio Rizzari

Per la degustazione comparata vale la nota boutade sulla democrazia: è un mediocre sistema di governo, ma è il migliore che conosciamo. Per dire, se un editore approvasse l’idea, un metodo interessante sarebbe di assaggiare un solo vino al giorno, anzi in due o tre giorni, per studiarne ogni minimo aspetto. Verrebbe fuori così una guida che recensirebbe una cinquantina di vini in tutto, ma estesa quattro o cinquemila pagine: per ogni bottiglia si scriverebbe infatti un vero e proprio trattato.

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13 dicembre 2012

A domanda rispondo

dal finestrino del treno

di Raffaella Guidi Federzoni

Lo sapevo, me lo aspettavo, non è la prima volta né sarà l’ultima. Siamo alla fine della visita in cantina, all’interno della sala dedicata alle annate vecchie e vecchissime. Qui si conservano bottiglie che risalgono alla presa di Porta Pia. Le più antiche si possono spiare attraverso una finestrella, così a turno i visitatori si piegano, sbirciano e dopo gli usuali “Oh! Ah!” si voltano verso di me e chiedono – almeno uno del gruppo lo fa sempre – “Qual’è il Brunello più vecchio che tu abbia mai assaggiato?” La risposta è facile: “1932, assaggiato nel 2002”.
Purtroppo arriva la seconda di domanda “COM’ERA?”.

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11 dicembre 2012

La critica del Jujitsu

jujitsu

di Rizzo Fabiari

Ovvero l’arte della non resistenza applicata al vino. Se c’è un pregio nei vini chiamati poco puntualmente naturali – o meglio, nei migliori vini naturali – è che non offrono resistenza al palato. Sono per così dire cedevoli, scorrevoli, privi di elementi di freno e ostacolo allo sgargarozzamento.

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9 dicembre 2012

Palato – finale di partita

storie impreviste

Seconda e ultima parte dell’intrigante racconto Palato di Roald Dahl. Tratto da Storie impreviste (The tales of the unexpected, 1979), è nella traduzione dell’edizione italiana, per i tipi di Tea. Il finale suggerisce un metodo molto valido se si vuole fare bella figura in una degustazione alla cieca.

arabesco calligrafico

Senza perder tempo, Mike prese il vino, ne versò pochissimo nel proprio bicchiere, quindi, tutto eccitato, fece il giro della tavola per riempire i bicchieri degli altri. Ora gli occhi di tutti erano rivolti verso Richard Pratt, ne studiavano il viso mentre lui allungava la mano verso il bicchiere e se l’accostava al naso. Aveva una cinquantina d’anni, Pratt, e non aveva affatto una bella faccia. In un certo senso, era tutta bocca, bocca e labbra: le labbra tumide e umide del buongustaio di professione, con quello inferiore sporgente verso il basso al centro, il labbro pendolo ed eternamente aperto di chi non fa che assaggiare e gustare, addirittura la forma adatta per accogliere il bordo d’un bicchiere o un intero boccone.

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7 dicembre 2012

Palato

dahl

La letteratura vera, con la A maiuscola*, prende raramente come pretesto (o comunque motore) narrativo il vino. Quando lo fa è spesso per ironizzare sulle manie degli enofili. Uno dei rari racconti che ruotano intorno alla passione del conoscitore di vino senza spingere troppo sul pedale della caricatura è il godibile Palato di Roald Dahl. Tratto da Storie impreviste, si svolge come una sorta di giallo deduttivo alla Sherlock Holmes. Con un finale a sorpresa.
Qui prendiamo in prestito la traduzione del bel libro delle edizioni milanesi Tea e lo mettiamo in due puntate. Per gli enofili, e soprattutto i bordofili, da non perdere.
* Ah, la letteratura

arabesco calligrafico

Eravamo in sei a pranzo da Mike Schofield, quella sera a Londra: Mike, con la moglie e la figlia, mia moglie e io e un certo Richard Pratt.

Richard Pratt era un noto buongustaio e intenditore. Era presidente d’una piccola società, The Epicures (I buongustai), tra i cui membri lui ogni mese faceva circolare un opuscolo nuovo su cibi e vini. Organizzava inoltre cene nelle quali venivano serviti piatti raffinati e vini rari. Si rifiutava di fumare per timore di guastarsi il palato e quando parlava di vino aveva l’abitudine strana quanto buffa di riferirsi a esso come se fosse una creatura viva. «Un vino prudente», diceva, «piuttosto diffidente ed evasivo, ma molto prudente.» Oppure: «Un vino bendisposto, benevolo e allegro… forse un tantino impudico, ma senz’altro bendisposto».

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5 dicembre 2012

Dei maestri, miti ed altro ancora

maestri

di Raffaella Guidi Federzoni

“Non esistono Maestri, solo Cattivi Maestri. Tutti gli altri ci hanno insegnato, non condizionato, per questo si chiamano Insegnanti.”*
Questa sentenza provocatoria, letta di recente, mi ha portato ad una serie di riflessioni che toccano anche il campo vinoso. Tale campo è a volte minato, per cui a percorrerlo si rischia di saltare in aria per aver pestato una bomba appena sotterranea.

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