La critica del Jujitsu

jujitsu

di Rizzo Fabiari

Ovvero l’arte della non resistenza applicata al vino. Se c’è un pregio nei vini chiamati poco puntualmente naturali – o meglio, nei migliori vini naturali – è che non offrono resistenza al palato. Sono per così dire cedevoli, scorrevoli, privi di elementi di freno e ostacolo allo sgargarozzamento.

In giapponese Ju sta più o meno per flessibile, cedevole, mentre jitsu sta più o meno per arte o tecnica.

Dal mio punto di vista, meglio sarebbe parlare di vini del Jujitsu anziché di vini naturali; ma mi rendo conto che si tratta di un’espressione poco adatta alla chiacchiera tra conoscitori e ancora meno adatta al relativo, fiorente mercato.

Tanto più che naturale conduce a un potenziale equivoco semantico: nelle orecchie di molti vino naturale suona per estensione vino sano. Sano come una bella mela “biologica”, come una costa di sedano da agricoltura biodinamica, come una carota del contadino appena fuori città. Ahinoi, devo ricordare a me stesso e ai poeti della natura che il vino contiene un piccolo dettaglio piuttosto seccante: una potente neurotossina, chiamata comunemente alcol.

Teniamoci dunque, per capirci nella chiacchiera gergale, l’aggettivo naturale, evocativo e consolatorio, in assenza di termini meno sfocati. E teniamoci anche stretto il nostro carissimo vino, chissenefrega se mi brucia un po’ quei quattro neuroni che mi sono rimasti. Non ci rinuncerei per nulla al mondo.
Ma che sia un buon vino del Jujitsu.

6 commenti to “La critica del Jujitsu”

  1. parlando con un importatore estero, che da molti anni ha un portafoglio importante di vini naturali, si diceva come ancora qualche cliente stenti a riconoscere il valore di vini che “non pesano” o che comunque sono concentrati. Molti dicono “buono, ma lo fai pagare come l’altro che ha piu’ corpo e struttura?”
    La risposta pronta da dare potrebbe essere questa: “dovrebbe costare di piu’ perche’ si beve meglio”

  2. Quando poche frasi dicono tutto, o almeno il “tutto” necessario.
    Aggiungo che per la mia esperienza i migliori vini naturali hanno in effetti le caratteristiche di bevibilità che tu indichi: cedevolezza, scorrevolezza, piacevolezza, finezza. Caratteristiche che non inficiano la complessità (complessitezza?) e capicitezza di invecchiatezza.
    Mentre i peggiori vini naturali sono più accostabili alla boxe che allo jujitsu, per la difficoltà nell’affrontarli ed il rischio di essere messi a tappeto da qualche cazzotto scomposto e sgraziato. Cosa che fanno peraltro anche un bel po’ di vini innaturali.

  3. L’argomento vini naturali, per fortuna non sono l’unico a pensarla così, ha molteplici sfaccettature.
    Tutte le “pratiche” di coloro, o meglio della maggior parte, che fanno e scrivono in etichetta vini naturali si intersecano alla perfezione con le leggi che li regolamentano che purtroppo sono fallaci. Quindi sono perfettamente daccordo con le conclusioni del Rizzari. Avrà valore fregiarsi dell’appellativo “Vini Naturali” solo quando tali prodotti potranno esser regolamentati da idonee leggi e relativi seri controlli. Comunque non voglio appesantire la “poesia” di questo post, complimenti al Rizzari.

  4. ultimamente mi sono capitati vini che si potrebbero definire taekwondo(la via dei pugni e dei calci). Sarà forse un colpo di ritorno delle italiche esportazioni in oriente.

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