Fin troppo facile

di Shameless

Dov’è sparito il primo bicchiere? Era pieno fino a un minuto fa, il tempo di voltarmi e ora è vuoto, forse solo una goccia sul fondo. Così tanto mi è piaciuto il vino, da finirlo senza accorgermene?

Fin troppo facile, ahimè. Tocca versarne un altro; questo lo bevo piano, così poi me lo ricordo.
Il terzo aspetterà, un’attesa di piacere, per finire in bellezza.
Mai più di tre bicchieri, questo mi richiedono il fisico e il cervello; oltre, comincerebbe la nebbia e diminuirebbe il piacere.

Appunto, il piacere; lo scrivo per la terza volta in poche righe perché si tratta dell’argomento cardine, del topos come direbbero gli istruiti, intorno al quale si sta svolgendo il mio ragionamento.

Da qualche mese gira sui social la conversazione [non fatemi scrivere dibattito, vi prego] riguardante il vino dealcolato: è la risposta per un futuro più sano e più giusto? Oppure è un prodotto liquido mediocre che si discosta dal VINO? O, peggio ancora, è entrambe le cose?

Sul mio cadavere che lo bevo.
Ma dai, non è poi tanto male.
Serve a far avvicinare i giovani al vino.
La risposta alle nuove restrizioni del codice stradale.

Così via, autorevoli esperti, nuove generazioni rampanti, volpi del marketing, produttori guru o semisconosciuti si sono espressi.
Adesso lo faccio anche io, tornando al topos cioè al piacere.
Per me questo è: non una scelta etica del buono e giusto, bensì un desiderio estetico per approfittare di quel poco che rimane di voglia di vivere al di là del dovere quotidiano di correttezza e coerenza.

Sono stata giovane anche io; se i sociologi/marketing advisor/cartomanti sono così idiot… ehm, inesperti, da pensare che la bacchetta magica del vino dealcolato risolva il problema iniziatico di una futura orda di consumatori, peggio per loro. Magari avranno ragione, magari si formerà una generazione asettica e pulitina che si riunirà per degustazioni verticali relative a liquidi costosi e denudati del MALE. Tanti robottini da assaggiare, più o meno profumati di succo d’uva e piatti come una tavola da surf.

Ma il piacere Signora mia, dove sta di casa in questo condominio affollato di buoni e puri propositi? Nel bere un vino autentico, ricco di identità e di equilibrio, che ti riporta a un luogo che forse non hai visto e mai vedrai ma è espresso in quel liquido, è gioia estetica e sensuale, per quanto effimera. Fa parte di quel che resta a noi, figli di genitori da cui ci nascondevamo per fumare e genitori di figli da cui ci nascondiamo per lo stesso motivo.
Noi, lottatori inesausti contro un avversario coperto dal pelo ipocrita della cultura enoica woke, che vuole manipolare l’etica corrente a favore del marketing.

Piaciuto il pippone? A me sì. Adesso posso versarmi il terzo bicchiere, pensando al topos e anche al gattos, il quale nel caso rappresenta quel mondo trendy che ti accerchia e giocherella con te prima di farti fuori, ma tu sei memore di Tom & Jerry e riesci sempre ad infilarti in tempo nel buchetto dell’alterazione.

 

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