di Giancarlo Marino
La mia congenita lentezza nell’elaborazione dei dati raccolti in oltre venti anni di visite borgognone ha ritardato ma non impedito che a tempo debito mi rendessi conto di un dato pressoché costante: la delusione per qualche vino della gamma riguarda più facilmente quelli a denominazione Village, o addirittura qualche 1er e Grand Cru, piuttosto che vini della denominazione “Bourgogne”.
L’umile Bourgogne, infatti, è considerato da molti produttori il loro vero biglietto da visita. Il senso, non dichiarato apertamente ma chiaro, è che chiunque è in grado di fare grandi vini da grandi vigne, ma solo i migliori riescono a produrre ottimi vini in assenza di un qualificato pedigree. Non è un segreto, almeno per i più assidui frequentatori, che alcuni produttori sono perfino soliti unire all’umile vino una percentuale variabile di vino proveniente da vigne di classificazione superiore, in qualche caso addirittura da 1er cru, utilizzando magari le uve provenienti da qualche parcella di dimensioni così piccole da sconsigliare una vinificazione separata.
Questa pratica probabilmente snatura in qualche misura il concetto stesso di terroir, almeno nella sua essenza ed accezione più autentica. Ma, in un momento in cui il mercato di vino borgognone scoraggia l’appassionato con un aumento dei prezzi raramente giustificabile, alcuni bourgogne potrebbero rivelarsi una soluzione, seppur di ripiego, per chi ancora non ha intenzione di rinunciare ad un bicchiere di Borgogna. E al diavolo se il vino in questione a volte non è espressione purissima del genius loci.
A questo punto potrei citare, in ordine sparso e esemplificativo, i bourgogne di produttori come Chevillon, Coche-Dury, Fourrier, A&F Jobard, Lafarge, Leroy, Mugneret-Gibourg, Roty, Roulot, Roumier, Tremblay, Voillot. Ma sarebbe come scoprire l’acqua calda perché si tratta di produttori ben noti anche da noi, e in qualche caso non aiuterebbe a risolvere la necessità di contenere il costo del vino, visti e considerati i prezzi stellari di alcuni di questi.
E allora ecco un breve elenco di bourgogne di produttori che non sono o non sono ancora sotto i riflettori, reperibili e di costo accettabile, magari facendo piccole deviazioni in zone diverse dalla Côte d’Or, dove a volte si nascondono piccoli gioielli poco conosciuti.
Domaine Patrick Javillier
Questo produttore di Meursault deve la propria fama proprio ai vini di denominazione regionale e comunale, da vigne situate tutte in comune di Meursault. Il Bourgogne blanc “Cuvée Oligocène” (da uve chardonnay proviene da una bella parcella nel lieu dit Pellans, confinante con il 1er cru Charmes du Dessous) e il Bourgogne blanc “Cuvée des Forgets” forse non sono regalati ma valgono un ottimo Meursault village.
Domaine Buisson-Charles
Produttore di antica tradizione murisaltien, da alcuni anni produce vini sempre più puri, precisi e definiti. Non è sorprendente constatare che i suoi 1er cru e village su Meursault siano bellissimi vini (giusto pochi giorni fa un Meursault 1er cru Bouches Cheres 2011 ha giganteggiato tra vini di cru e produttori ben più noti). Meno scontato forse, che lo siano anche il Bourgogne Aligotè “Sous le Chemin” e il Bourgogne Chardonnay “Hautes Coutures”, entrambi da vigne su Meursault, che ho recentemente provato nella annata 2011. Prezzi saggi e invoglianti.
Francois Labet
Labet è certamente più noto per essere il proprietario dello Chateau de la Tour. Nelle cantine, però, oltre ad uno dei migliori Clos Vougeot oggi prodotti, con l’etichetta Domaine Pierre et Francois Labet è possibile assaggiare altri vini. Confesso di aver arricciato il naso nel corso delle prime visite allorquando proponeva di provare anche questi vini. Sbagliavo, perché alcuni erano decisamente ben fatti. Tra questi un Bourgogne v.v. rouge da vigne in Chorey-lès-Beaune davvero convincente. Non inaspettatamente, si tratta di vino dallo stile “old burgundy”, che va atteso un po’ e non è quindi adatto a chi è affetto da stappatura precox.
Domaine A & P. De Villaine
Aubert De Villaine è certamente uno dei personaggi più conosciuti della Borgogna. Eppure ancora oggi non tutti sanno che oltre a dirigere con successo il Domaine de la Romanée Conti possiede una proprietà a Bouzeron in Cote Chalonnaise. Qui vengono coltivati pinot nero, aligotè e chardonnay. Conosco meno, ma mi riprometto a breve di colmare la lacuna, i vini rossi e il suo bianco da uve chardonnay Rully Les St. Jacques. Conosco molto meglio e non posso che consigliare a ragion veduta il bianco Bourgogne Cote Chalonnaise Les Clous, da uve chardonnay. Non è un semplice bourgogne, ma il livello di prezzo è simile, quindi come non ricordare anche il magnifico Bouzeron da uve aligotè? Questa è una zona dove l’aligotè sta trovando le migliori condizioni per dimostrare su vasta scala (e non solo in talune microcuvée della Cote d’Or) la sua grande qualità come “lettore” del terreno, e ciò anche grazie ai più recenti impianti con la varietà di Aligoté doré, qualitativamente migliore della varietà più diffusa di Aligotè Vert.
Domaine Ghislaine & Jean-Hugues Goisot
Siamo nelle Côtes d’Auxerre, limite settentrionale della Borgogna. Oltre a chardonnay, aligotè e pinot noir, qui si coltiva anche il sauvignon. Tra i tanti vini qui proposti, non è affatto una cattiva idea, se ancora non li conoscete, provare qualcuno dei suoi sauvignon Bourgogne Côtes d’Auxerre (Corps de Garde il mio preferito). Geologicamente il sottosuolo è simile a quello di Chablis, quindi con il Kimmeridge del giurassico superiore e l’ Exogira Virgula a dettar legge.
Non aspettatevi di trovare tra questi uno Chablis Les Clos o un Montrachet, ma rimarrete sorpresi dal constatare come, cercando con pazienza e attenzione, con una frazione del loro prezzo si possano bere ottimi vini.