di Shameless
“Passò quel tempo Enea
Che Dido a te pensò. Spenta è la face,
è sciolta la catena
e del tuo nome or mi rammento appena.”*
Proprio così, molto di quel che un tempo sembrava indispensabile, importante e significativo, adesso è cenere e nemmeno di quella migliore.
Passato è un altro anno le cui braci si stanno lentamente spegnendo e la bottiglia si è svuotata prima che tu ne avessi abbastanza di quel liquido scomparso troppo presto.
Passato il tempo in cui solo con la botte piccola si faceva il vino buono. Adesso né piccola, né media, né grande; ci vuole l’anfora o la vascona di cemento.
Passato il tempo in cui alle donne piaceva solo il vino bianco leggero. Adesso ti camminano in testa come conoscenza e capacità di tenuta alcolica, anche se si tratta di Primitivo di Manduria o Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena.
Passato il tempo in cui a cena non importava cosa si mangiasse e bevesse, solo la conversazione con chi ti stava davanti o accanto. Adesso l’importanza è tutta nell’etichetta che stai cercando di fotografare non troppo storta.
Passato il tempo in cui potevi andare a visitare una cantina, parlare con il produttore e sapere che c’era da imparare e non da insegnare. Adesso fra i vignaioli o i loro dipendenti serpeggia il terrore di dover intrattenere chi già sa di sapere. Per questo le visite sono ormai in gran parte a pagamento, per coprire le spese mediche dovute a stress.
Passato è un tempo in cui esisteva qualcosa di giusto e tanto di sbagliato, ma era chiaro cosa fosse cosa. Adesso è tutto un chiaroscuro, una linea d’ombra.
Passato il tempo in cui i miti erano pochi, gli eroi ancora meno. Adesso si trovano in ogni supermercato, spesso in saldo.
Passato è il tempo in cui si poteva pensare con calma, scrivere senza fretta, comunicare senza obblighi e mai troppo a lungo, soprattutto nel caso della descrizione di un vino. Adesso è un corri corri a chi scrive per primo, senza tanto pensare e con valutazioni lunghissime che ci lasciano nel dubbio se quello che viene assaggiato piace oppure no.
Salutiamo dunque quel tempo che fu, c’è ancora tanto a cui dedicarci nel presente, per il futuro ci sono speranze ma non voglio sbilanciarmi.
Salutiamo pratiche di vinificazione non più in voga, addio all’ospitalità di un tempo, così rustica e selvatica.
Salutiamo il poeta e quello sciupafemmine di Enea, il quale per riuscire a lasciare Didone ci ha messo di mezzo gli Dei. E già, quando non si sanno che pesci pigliare si invoca un intervento divino in aiuto.
Nel salutare, teniamo però stretto qualcosa che è ancora indispensabile, importante e significativo: la capacità di raccontare il buono e il bello, intesi come veicoli di piacere estetico e sensuale, il cuore dell’argomento vino.
Anche il brutto e cattivo andrebbero raccontati, ma in pochi osano, quindi sorvolo almeno per adesso.
Per quanto mi riguarda, la carta stampata ha ancora un valore significativo nel racconto enoico.
Ho davanti a me due oggetti esemplari e rappresentativi di quanto ho scritto sopra. Due oggetti che più diversi non potrebbero essere:
uno è un fascicoletto pieghevole, l’altro è un libro piuttosto corposo.
Uno è il risultato della collaborazione fra tre Millennials, con importanti contributi di altri più o meno coetanei, l’altro è il frutto compositivo di un ottuagenario che ha fatto tutto da solo.
Uno descrive particolari eno-microcosmi, l’altro racconta una vita larga e lunga.
Uno è scritto in lingua italiana, ricca di aggettivi e virgole,
l’altro sciorina il miglior inglese con frasi brevi e numerosi punti fermi.
Quello che li accomuna è la scelta cartacea.
Quello che li accomuna è la puntuale e appassionata scelta di mettere l’uomo e il vino insieme nel percorso di conoscenza.
Entrambi ci obbligano di prendere in mano qualcosa che non ha un monitor, sfogliare e non scorrere con l’indice.
Entrambi saranno oggetto in questo luogo alterato di approfondimenti da parte di DuCognomi.
Ci tenevo solo ad anticipare un piacere e invitare alla lettura, l’inverno è lungo e ci vuole uno strumento giusto per scaldarci.
Verticale – Jacopo Cossater-Matteo Gallello-Nelson Pari.
Vino II – Burton Anderson.
*Pietro Metastasio – Didone abbandonata. Atto II, scena IV.
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