Tre Bardolino per la primavera

di Fabio Rizzari

Il vino Bardolino vanta una tradizione antichissima, che risale a qualche anno fa (“antichissima” va inteso nella giusta prospettiva).
Il nome pare derivi da un poeta e musico rinascimentale di Pastrengo, mastro Pasqualino. Chiamato con l’affettuoso diminutivo di Lino, divenne noto per le sue abilità di compositore in tutto il circondario veronese.

I signorotti locali se lo contendevano: “andate a chiamare il bardo Lino, sì che egli possa trastullarci”, “solo il bardo Lino sa come divertirci e ristorarci”, “questo poemetto lo ha donato a Monna Lagia il bardo Lino”. Forte bevitore, Lino pare disdegnasse i vini troppo densi e scuri, perché “poco serbevoli”. Le sue preferenze andavano invece a vinelli sciolti, di poco peso, ma vivaci e saettanti al gusto.

Questa radicata tradizione ha generato un rosso moderno dai caratteri analoghi, fresco e facile, ma non ovvio. Un rosso che sta incontrando nelle ultime ore i favori di un pubblico sempre più vasto. Proprio perché è una stellina luminosa, sospesa in cielo, che si oppone statutariamente ai buchi neri dei vini massivi, dalla invincibile forza di attrazione gravitazionale, dentro i quali precipita ogni energia del bevitore (anche di quello più roccioso e dal palato di amianto).

Personalmente lo apprezzo da sempre, cioè da almeno cinque o sei anni. Ovvero da quando l’attento collega Angelo Peretti me ne ha fatto provare alcuni specimen degni della massima attenzione.

Negli ultimi tempi ne ho provati varii di ottimo livello, ne segnalo al volo tre del 2020. L’ormai classico Bardolino La Rocca di Poggio delle Grazie, un capolavoro di ritmo, distensione e slancio. Il Bardolino Morlongo Montebaldo Villabella, che ha una sua dignità espressiva di amarena, nonostante i toni vegetali dei tannini e una eterodossa – oltretutto non integrata – nota di tostatura.
E infine il Bardolino Montebaldo Eocene Bigagnoli, tenace sodale del Poggio delle Grazie, con il quale compete per finezza, nitidezza del frutto e delicatezza tannica.

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