di Rizzo Fabiari
Ora che le liste dei vini guideschi sono state pubblicate e la dirigenza espressica ci scioglie dal voto del silenzio, posso finalmente trascrivere che uno dei vini più buoni e originali bevuti quest’anno è senza dubbio il Nebbiolo Felice Na 2011 di Carussin. Non per questioni di snobismo ammiccante alla semplicità (tappo a corona, costo contenuto), ma per il sorprendente equilibrio tra maturità, immediatezza del frutto e profondità dei tannini.
Ammetto infatti di trovare molto impegnativa, spesso troppo impegnativa la bevuta di grandi Barolo e Barbaresco. Per intercettare i (rari) polemisti che transitano per i lidi alterati, produco subito la certificazione burocratica del caso: Barolo e Barbaresco sono i nostri rossi più straordinari. Sono vini unici, vanto della nostra tradizione, e sono al vertice della finezza, della complessità, insomma della qualità; e non soltanto nei confini patri, ma in tutto il globo terracqueo.
Dopo regolare attestazione di merito, ecco la parte critica. Barolo e Barbaresco sono meravigliosi residui ottocenteschi. Come i pranzi della buona borghesia torinese, che anche nei giorni feriali prevedevano magari otto o dieci portate diverse, è tutto oversize per i più timidi e deboli palati attuali: molto alcol, molti tannini, molta potenza, molta persistenza.
Questo Felice Na ha un frutto molto puro e “giovane”, ma non si limita a proporre una versione novelleggiante e banalotta di un grande rosso di Langa. Al contrario, è innervato da una corrente sapida e tannica del tutto paragonabile a quella di un Barbaresco, in un contesto gustativo però più confidenziale, più diretto. Insomma: più godibile e più bevibile.
Una strada interessantissima per il Nebbiolo del futuro.