di Raffaella Guidi Federzoni
“Il miglior costume da bagno è la propria pelle” questo pensavo nuotando pigramente in un’acqua di vetro tiepido. Con bracciate lente aggiravo la Tonnara dell’Oasi di Vendicari, Noto, Sicilia, Italy.
Una nuotata lunga come la vita.
“Dove mai, se non qui?” questo mi ero chiesta anni fa, seduta di fronte al reticolo di saline deserte, mute fra il mare ed il cielo. Il profilo del mulino immobile donava profondità allo sguardo, sollevandolo in volo fino a posarsi sull’Isola di Mozia, Trapani, Sicilia, Italy.
Uno sguardo di millenni.
L’estate è finita da un pezzo, nel cuore è passato il vento, poi è arrivata la calma. Mi sono vestita a strati, indossato calze e scarpe pesanti. E’ successo tutto di nuovo, quel tutto che fa parte della quotidianità.
Rimane il senso di posti visitati da uomini che poi sono rimasti. Uomini che hanno trovato il mare e lo hanno trasformato a loro vantaggio. Così facendo hanno creato degli spazi eterni, intendendo per eternità la correlazione fra ciò che vediamo per la prima volta e che sappiamo di aver già visto, già conosciuto.
Sto cercando di pesare ogni parola, per evitare di cadere nel pozzo retorico-paesaggistico che minaccia continuamente chi scrive della Sicilia.
Trovare il proprio luogo dell’anima non è il punto d’arrivo finale, ma è comunque una sosta gratificante.
Io ho trovato i due di cui ho scritto. Potrei nominare anche la visione crepuscolare di Noto, dove i balconcini barocchi si fanno testimoni vivi di opulenza. Oppure la maestosità dorata degli interni della Cattedrale di Monreale, così abbagliante da far girare la testa. O la mitica Segesta, testimonianza eccelsa di civiltà mediterranea. Persino lo stagliarsi imperioso dell’Etna, mònito terribile della nostra fragilità umana di fronte alla natura.
Questi sono posti unici nella loro bellezza, ma non luoghi dell’anima. La mia anima. Invece la Tonnara e le Saline lo sono.
Perché in qualche modo solo lì voglio tornare.
Anche da sola.
Soprattutto da sola.
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