di Raffaella Guidi Federzoni
L’anno nuovo è già iniziato e devo ancora comporre il messaggio per la fine di quello vecchio. L’ho rimuginato lungamente per settimane che si sono allungate in mesi; ho aggiunto, tagliato, composto, scomposto, fino ad oggi. Ora non posso più procrastinare, deve essere un messaggio invernale, da trasmettere in questo periodo di lunghe ore buie ed incerte.
Tutto è cominciato durante la Benfinita dell’ultima vendemmia, che è stata ottima e ci ha contentato più del solito. Aggirandomi per la cantina ho avvertito l’eccitazione oltre la stanchezza. Quel sentimento consapevole dello sviluppo embrionale di un vino che non solo sarebbe stato buono, ma anche longevo e memorabile.
Sarebbe vissuto più a lungo di me.
Sono poi di nuovo partita, la prima tappa è stata una sigaretta fumata dopo cena con un amico antico e raro – per momenti così non rinuncerò mai completamente a fumare -. In quel minuto e mezzo di conversazione è stata nominata la morte ed il nostro pensiero a riguardo. Capita a tutti di pensarci e d’incontrarla, un destino comune da millenni, i quali non sono bastati per svelarne il mistero né diminuirne la fascinazione.
La certezza di una nostra fine.
Intanto il mondo continuava ad uccidere. La violenza e l’ignoranza operavano per seppellire definitivamente l’idea di libertà e giustizia che perseguita noi occidentali da secoli ed ci impedisce di ridurci a gretti ed avidi dominatori, selezionatori di umanità. Quando non uccideva, il mondo continuava a consumare, divorare beni inutili con la solita ansia d’acquisto a tutti i costi.
Si stava avvicinando Natale.
Notizie personali tristi e definitive mi hanno raggiunto dall’altra parte del globo. Di nuovo l’inevitabilità del percorso umano mi ha colpito e di nuovo mi ha fatto accendere una sigaretta solitaria fuori nel buio di una notte orientale. Un altro giorno se ne stava andando, dopo aver consumato il contenuto di bottiglie semplici e strepitose, restava quel senso che niente termina per sempre.
Era tempo di tornare a casa.
Non ancora, non del tutto. Mi sono trovata a Firenze nella piazzetta sbagliata. Un altro tramonto trascinando la solita valigia per raggiungere l’indirizzo giusto, con la solita fatica di chiusura annuale. Questa volta però la fatica era incorniciata da storia lunga e bellissima. La storia di un fiume largo sovrastato da ponti ancheggianti e contorniato da palazzi di misurata ricchezza. Noi privilegiati da un senso estetico per cui non abbiamo alcun merito se non quello essere nati nel posto giusto, abbiamo solo brevi sprazzi di consapevolezza riguardo a ciò che è stato costruito nel passato e poi è diventato un classico.
Qualcosa rimane più a lungo di ogni individuo.
Adesso ho disposto sulla tovaglia tutte queste tracce recenti. Arriva da poco lontano una musica che bene si accompagna alla pioggia al di fuori. Dopo settimane di sole tiepido e cielo azzurro sfacciato è finalmente comparsa dall’alto l’acqua necessaria.
Che inverno sarà, freddo abbastanza per dare alle piante un momento di tregua? La primavera sarà quella giusta per la vigna? E l’estate, l’estate non sarà troppo torrida per l’uva?
Continuo a sentire note precise, ciascuna corrispondente ad ogni goccia sul vetro. Un tasto premuto con leggerezza, una corda vibrante senza strafare.
Nel vino non c’è una risposta completa, non c’è nella pietra dei palazzi classici, non c’è nella musica che scorre come la goccia sul sasso, non c’è nella dipartita di un uomo anziano.
Ci sono però intuizioni, connessioni, testimonianze. Sono esse che vanno oltre la nostra vita mortale e in qualche modo ci forniscono la tenue speranza di una continuazione dopo di noi.
La vendemmia 2015 sarà bevuta fra cinque, dieci, venti anni e più, forse da qualcuno che ancora non è nato.
Ci sono ricordi sedimentati ma non cancellati, come un bacio estivo lontanissimo nel tempo della giovinezza. L’unico tempo adatto per pensare alla morte, quando questa sembra più improbabile e lontana. Dopo no, non bisogna pensarci, solo attrezzarsi per arrivarci nel miglior modo possibile, momentaneamente vivendo.
Resterà di noi individui ben poco, ma quel poco dovrà valere la pena.
Così ricomincio a scrivere.