Gravitas gravitatum et omnia gravitas

Cosmologia

di Raffaella Guidi Federzoni

Negli ultimi giorni si sono affastellate notizie deprimenti e poco incoraggianti per il mondo mediatico vinoso. Una guida chiude e manda a spasso tutti i suoi conducenti, un’altra termina la pubblicazione cartacea, la terza vede le azioni della società di riferimento andare a picco. Tutto questo era stato preceduto da un post molto interessante relativo al futuro incerto della gioventù enogiornalistica..

Nel frattempo si è spento uno dei grandi costruttori del vino italiano moderno, chiudendo in un certo senso quel periodo di rinnovamento, anche discutibile, ma senz’altro efficace, che ha caratterizzato la produzione enoica dall’ultimo trentennio del secolo scorso fino quasi all’altro ieri. Un rinnovamento andato di pari passo con la stampa specializzata, italiana ed internazionale.

Proprio la stessa stampa da tempo afflitta da malattie che si chiamano disaffezione, disinteresse, diffidenza.

Il Vecchio chiude, muore, scompare ed il Nuovo non avanza?

In realtà il Nuovo sta avanzando a passi da gigante, nella concezione e produzione del vino italiano del terzo millennio. Quello che sta segnando il passo, anzi, sta retrocedendo, è la comunicazione e l’accoglienza della stessa.

Se ne sta parlando, anzi scrivendo, attraverso il frenetico strumento dei social e dei blog più o meno specializzati.

Ci leggiamo fra noi, noi soli, lì fuori c’è un mondo che potrebbe essere in qualche modo interessato. Potrebbe persino arrivare a pagare, per saperne di più. Un mondo appena sfiorato dall’argomento vino, ma vulnerabile alle parole giuste.

Per tutto il mio excursus scolastico sono stata completamente refrattaria a numeri e formule. Non scelsi il liceo classico per amore delle arti umanistiche o perché ai miei tempi nella buona borghesia era la sola scuola superiore comme il faut. Lo scelsi nella speranza di poter andare avanti negli studi senza l’incubo della matematica, della chimica o della fisica, le quali, pur essendo materie di studio, venivano scarsamente considerate al momento degli scrutini finali.

Ciò ha fatto di me una persona che guarda al cielo con gli occhi dei poeti e non quelli dei fisici.
Fino a questa sera.

Poco fa qualcuno mi ha parlato delle onde gravitazionali, di come l’intuizione di Einstein dopo circa un secolo sia stata confermata da suoni poi illustrati con immagini computerizzate.

Così mi sono seduta fuori al buio, una notte di luna calante e stelle sparse.

Da qualche parte lontanissima, più lontana dell’ultima poesia che leggerò, l’infinito si è corrugato bilioni di anni fa.

Contrazioni, increspature, sono avvenute molto prima della prima lacrima umana.

Il respiro di Dio si è trattenuto in un tempo remoto inimmaginabile, per poi soffiare nel dare vita ai nostri dolori, alla nostra ricerca di felicità.

L’idea e gli studi per provarne la verità appartengono a scienziati, non a letterati. Persone che hanno dedicato decenni per arrivare ad avere una pur tenue conferma. Il loro pensiero si è svolto in numeri e formule, le stesse che io ho sempre considerato intelligibili e inutili per il mio vivere e sognare quotidiano.

Ora proprio grazie a loro avverto la gravitas di un mistero che va oltre l’umano.

La notizia di questa scoperta ha destato perplessità riguardo alla sua utilità pratica. Perché spendere una montagna di soldi nel cercare qualcosa che non risolve il problema della fame nel mondo o la tragicità di tante malattie.

Già, perché?

La risposta a sua volta non è nella scienza, ma nella poesia.

Il destino umano è di scegliere non il più utile o conveniente, ma seguire le proprie intuizioni, quella spinta dell’anima – se crediamo che questa esista – che tende all’infinito.

Se siete arrivati a leggere fino a qui forse vi state grattando la testa chiedendovi “Che cosa c’entrano le onde gravitazionali con il futuro della comunicazione enoica?”

Nulla, non c’entrano nulla, ma intanto avete letto quello che ho scritto e forse lo leggerete di nuovo. Magari vi piacerà e vi verrà voglia di approfondire. Tornerete a visitare questo blog accademico, dove si scrive di vino un po’ così, e di altro un po’ cosà.

C’è una ricerca di linguaggio che non appartiene solo a noi accademici, a giro ci sono talenti comunicativi sostanziosi.

Manca ancora la chiave per aprire la porta, spalancare le finestre su di un panorama di lettori acerbi riguardo al mondo enoico, ma interessati a letture intriganti, contemporanee, fornite di levitas e gravitas.

Staremo a vedere.

“Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo per me è il senso dello scrivere.”
(Ennio Flaiano)

One Comment to “Gravitas gravitatum et omnia gravitas”

  1. Il Nuovo sta avanzando a passi da gigante… Non vedo chiaro. Non so se sono impantanato nel Vecchio fino agli occhi o travolto dal torrente del Nuovo a testa in giù. Comunque non riesco bene ad orinetarmi. Ma almeno ho qualche minuto per rifletterci.

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