di Shameless
So pronunciare in almeno cinque lingue diverse la parola
Vino
Vin
Wine
Wein
Vino (spagnolo)
Anche la frase
Ti amo
Je t’aime
I love you
Ich liebe dich
Te quiero
Basterebbe giusto questo per esprimere il sentimento veritiero che ho nei confronti del vino. In cinque lingue diverse. Però così so’ bboni tutti. Che ci vuole a dire “Vino ti amo”, magari anche a farselo stampare sulla maglietta?
Tutto si complica quando viene richiesto di estrinsecare il proprio pensiero, di sciorinare parole e parole e parole che spieghino il perché ed il percome di tale pronunciamento.
Noi siamo felici, felicissimi, che ci venga richiesto quanto sopra. Spesso anticipiamo la richiesta ed offriamo gratuitamente la nostra opinione.
A noi italiani piace tanto scrivere, male spesso. Adoriamo dibattere, discutere, ribadire. Per forza! Fin dai primi banchi di scuola eravamo chiamati alla cattedra per l’interrogazione orale.
Finita la scuola ci siamo forniti di tante risposte, tralasciando le domande.
Ne sono vittima anche io, ho scritto fino a qua e non ho neanche cominciato a spiegare perché l’ho fatto.
Si tratta delle parole, della loro qualità e quantità. Si tratta dell’uso che se ne fa quando c’è da descrivere, divulgare, comunicare un vino, la sua genesi, il suo esodo fino al deuteronomio con accenni ad un eventuale sequel.
A me spaventa l’abbondanza di tutto questo perché ho la sensazione che porti ad una noia pandemica da cui sarà impossibile risollevarsi.
Vero è che Il mercato lì fuori, formato da persone, va conquistato con una comunicazione aggressiva e martellante, notizie storiche, estese note degustative, punteggi stellari.
Parole, parole, parole.
Mi chiedo come mai le nostre parole italiche sembrino meno efficaci di quelle anglosassoni o francesi. Come certa musica leggera italiana, che tradotta in inglese si rivela molto più accattivante.
Mi chiedo anche se i movimenti del mondo che stanno riportando l’onda lontana della globalizzazione sulla battigia della nazionalizzazione colpiranno anche il sistema enoico, racchiudendolo ancora di più nel particulare*. Tutto ciò è una minaccia, perché nel nostro giardinetto italico stiamo già piuttosto stretti.
Mi chiedo infine perché non invitare gli aspiranti comunicatori, divulgatori, esternatori vinosi a passare più tempo non solo a visitare luoghi enoici, assaggiare bottiglie in lungo e largo, ma anche a leggere opere diverse. Leggere Calvino, Rodari, Scerbanenco, Buzzati, Pennacchi, Rigoni Stern. Leggere autori italiani fuori moda, leggere poesia italiana del Novecento, breve e concisa come comanda il verso.
Leggere per imparare a scrivere. Leggere ed imparare a tacere ogni tanto, non c’è bisogno di riempire un vuoto di silenzio sempre e comunque.
Ora taccio anche io, so scrivere e pronunciare silenzio in cinque lingue diverse
Silenzio
Silence
Silence
Stille
Silencio
- Francesco Guicciardini, leggermente a sproposito.