di Raffaella Guidi Federzoni
“Esito, ma solo per un momento.” Così cominciava la mia traduzione di un articolo apparso su Decanter la primavera del 1995 che parlava dei vini di Biondi Santi.
Tutti Brunello di Montalcino Riserva, assaggiati in degustazione a partire dall’annata più vecchia, il millesimo 1945, per una selezionata dozzina di fortunati.
Il luogo in cui l’azione descritta si svolse fu una sala austera ed autentica all’interno della cantina del Greppo.
La firma in fondo al pezzo da me tradotto era quella di Michael Broadbent. L’autore è mancato da poco, all’età di novantadue anni si è spento dopo una vita passata a commerciare e divulgare vini di qualità.
Leggete bene, ho scritto “commerciare e divulgare” ciò non è una contraddizione e non è considerato un conflitto d’interessi nel pragmatico mondo britannico.
Michael Broadbent non è stato certo l’unico ad iniziare la sua carriera lavorando per importanti wine merchants. Una carriera poi proseguita come esperto e banditore per la casa d’aste Christies. Una carriera consolidata come finissimo assaggiatore, critico e scrittore di autorevoli trattati vinosi e corpulente guide enoiche.
Una carriera appena macchiata da insinuazioni che furono completamente rintuzzate e respinte al mittente, poi compensate da scuse pubbliche.
Scommetto che ad un buon manipolo della truppa fedele di lettori il nome Michael Broadbent dice poco o nulla e scommetto che un ancora maggiore manipolo non ha mai letto nulla di quanto scritto dal Nostro.
Non è un crimine, nel terzo Millennio possiamo benissimo fare a meno di tanto del passato, figurarci di Michael Broadbent!
Ben altre persone molto più vicine al nostro campicello italico, molto più specializzate riguardo alle nostre produzioni ed altrettanto capaci di scrivere sono purtroppo recentemente scomparse.
Allora perché questo post?
Un poco per pavoneggiarmi, in quanto io Michael Broadbent l’ho incontrato, ci ho parlato e l’ho visto all’opera. Proprio in occasione della degustazione in seguito descritta su Decanter.
Arrivò insieme alla moglie al Greppo e fu ricevuto in pompa magna da tutta la famiglia Biondi Santi. La coppia british si presentò con una scatola extra large ed extra lusso di cioccolatini inscatolati nella raffinata confezione di Fortnum & Mason. Durante il weekend del loro soggiorno mi premurai di demolire i tre strati cioccolatosi mentre traducevo a raffica in convenevoli fra gli ospiti. Nelle due-tre ore dedicate alla degustazione continuai a tradurre a raffica i commenti dei vari partecipanti e le scarne ed austere parole di accompagnamento ai vini pronunciate dall’iconico produttore.
Tradussi anche la conversazione rilassata che seguì la degustazione, nella bella sala da pranzo, mentre il personale passava con i vassoi ricolmi di cibo locale casalingo.
Infine tradussi l’articolo.
Fine del pavoneggiamento, andiamo al sodo, al nocciolo della questione, al quid.
“Mi aspettavo una villa, non una casa di campagna.” Mi confessò MB dopo la degustazione, evidentemente reso meno abbottonato dal sangiovese. Lo disse senza disprezzo, con solo una sfumatura di arroganza dovuta alla sua frequentazione pluridecennale con la upper class londinese, classe sociale di cui lui non era parte ma di cui aveva assorbito l’accento e i vezzi. Si aspettava una villa medicea, corredata di giardino all’italiana, orangerie e stalle. Gli venne invece offerta ospitalità in una bella casa di pietra con un prato antistante la terrazza, un pruno giapponese, qualche albero da frutta, un viale di cipressi, un boschetto di querce e lecci, un oliveto e tanta vigna intorno.
“Sono rimasto colpito dalla 1955 e ancora di più dalla 1975” continuò dopo poco. La sua espressione nel dirlo fu molto simile a quella di Henry Morton Stanley il 10 novembre 1871 a Ujiji, Lago Tanganica.
“Questo è un grande vino… italiano I presume?” Era genuinamente sorpreso, piacevolmente meravigliato.
Dopodiché tornò a casa, scrisse per gratitudine il pezzo elogiativo e dettagliato relativo alla degustazione e si dimenticò di Montalcino, oserei dire della Toscana e anche dell’Italia.
Continuò a lavorare, scrivere, assaggiare, compilare guide, sempre inappuntabile. A volte perfido in modo sottile, soprattutto relativamente ad alcune figure femminili che cominciavano ad avere peso come autorevolezza. In un’intervista definì “sempre un po’ da ragazzina” lo stile delle wine critics. Poi credo che ebbe tempo di cambiare idea, almeno nei confronti di Jancis Robinson alla quale si concesse in una o più interviste.
Si concesse con umorismo, ironia e naso all’in su.
Per una sfegatata ammiratrice del Homo Britannicus è duro ammettere che un’autorità irreprensibile e riconosciuta globalmente, in grado di esibire nei suoi scritti una prosa cristallina ed esatta, un palato eccellente e smaliziato, un conoscitore profondo del mondo enoico classico – cioè francese, o al massimo portoghese e spagnolo per i vini liquorosi -, sia sempre rimasto beatamente ignorante della realtà enologica italiana.
Michael Broadbent come altri illustri esponenti del Ancien Régime ha solo sfiorato con indulgenza i vini italiani.
Ci sarebbe voluto Burton Anderson ed un manciatino di altri autori anglosassoni, compreso persino James Suckling, per riuscire a comunicare al di là delle Alpi come la produzione italiana nel comparto vini fosse un tesoro di Alì Baba inesauribile.
Quel che rimane dell’opera di Michael Broadbent non è affatto disprezzabile, il suo contributo nel secolo scorso è stato importantissimo non solo per consolidare la classicità di un gusto “francese” fatto di eleganza, finezza, complessità, capacità di invecchiamento, sottigliezza, ma anche per arginare la marcia trionfale di produzioni nuovomondiste costruite sul tutto frutto-tutto legno-tutto concentrato.
Resta la sua una dimensione di wine critic meno superficiale, non basata puramente sulle emozioni, ma anche sul ragionamento. Questo oggi potrebbe far sorridere, oggi che è tutto un fremito, un brivido che vola via, un aulire come chiare ginestre.
Oggi che molto di quel che si legge è paccottiglia.
Non si stava meglio quando si stava peggio, ma almeno si capiva dove stare.
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