
L’opera letteraria di Eugenio Montale è a giusto titolo famosa nei tre continenti. Scrivo tre, e non di più, per una forma di discrezione.
I possibili inediti sono dunque assai appetiti dagli studiosi. Gli Alterati, da sempre ammiratori del poeta genovese, sono tra i tanti che ne ricercano eventuali scritti fuori del catalogo ufficiale.
Un nostro lavoro archivistico discreto, condotto per anni e anni, non ha portato ad alcun risultato degno di nota. Al contrario una botta di fortuna* – cioè il rinvenimento casuale di un foglio stropicciato nel doppio fondo di una valigia usata da Montale per andare a trovare un suo parente di Mestre; valigia ora in possesso di Giancarlo Marino – ci permette di riportare alla luce oggi un suo breve componimento.
Breve, ma folgorante nella sua compiutezza formale.
La bravura del sole
Ora sorgi un po’ più tardi: bravo
Or tramonti un po’ più presto: bravo
Non soltanto così fando
compi il tuo dover astronomico
ma ancor meglio ci permetti
di dormir un po’ men sudati
Nell’autografo sono presenti alcune annotazioni:
a) su “fando”, evidente licenza poetica, l’autore riporta: “lo metto lo stesso, che i cruscanti non mi rompano i coglioni”
b) l’aggettivo astronomico, che rende il verso ipermetrope, è dubitativamente sostituito con “celeste”. L’autore non aveva ancora deciso in questa fase dell’elaborazione quale termine usare
c) l’autore si dice particolarmente soddisfatto del verso finale, che ha una scansione metrica molto tagliente; si confronti, a questo proposito, il sommo passo dantesco “che furo all’osso come d’un can forti”
*eufemismo
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