Below my Window

Renoir

di Emily Jo Wolfsson e Raffaella Guidi Federzoni

La nostra affezionata lettrice e occasionale contributrice di oltreoceano mi ha mandato un testo che pubblico volentieri, seguito dalla mia traduzione. Ogni gesto di affetto verso il mondo del vino italiano è sempre ben accetto.

arabesco calligrafico

Life goes slow below my window. Once the sound of human lifes and their machines was continuous, a tapestry so well interwoven that wasn’t noticeable any more. Now the hissing of ambulances breaks the little noises going on, thirty floors down from my apartment. A small river of distanced paces, the occasional car stopping in front of a red light and then moving to the next crossroad.

Life has been going slow since almost a year now. I sit in front of a monitor, behind it there is a plastered wall where I pinned few postcards. I am that sort of person who buys postcards and never send them. I take them back from a journey and they land pinned on the wall behind my monitor. I look at images of hills, beaches, snow capped mountains, colorful villages, small harbours.
I miss Italy.

Considering my status of a middle age – middle income – single woman, I should have a cat or two pouring around my ankles while I sit in front of a monitor. I don’t, it isn’t that I hate cats, I am actually quite fascinated by them. It has to do with their suspiciousness towards me, they just don’t want my company. I have known this since I was in my twenties and accepted my fate.
I had a dog once and when she died my heart was broken for ever. I cannot even write about this subject.

Therefore I don’t have a dog behind my back when I sit in front of my monitor, ther is not a small tail wagging, trying to catch my attention. There is no desire to go out for a walk and a pee.
Most of the time I stay home.
I stay home, myself with my words and my wine.
I should be more specific.
My Italian wine.

If it is not the weekend or a bank holiday I don’t drink wine until past 6 pm, I need to have done a proper day of work before. I need to feel that I deserve a reward, a pat on my back congratulating because I was able to get through another day of loneliness and confinement.
I can drink with pleasure only if there is still a spark of hope for a different tomorrow.
That’s why I drink Italian, because Italy is a Spark, yes it is.

Thanks to my bank account I could afford – and still can – home delivery of this and that and the other. Every fortnight a mixt case arrives on my door step, this has happened since months.
Thus I was able to open a great bottle of Italian sparkling when the election results confirmed the new President. I celebrated my Christmas day with a fifteen years old Barbaresco. I survived New Year’s Eve thanks to 0.75 lt of my favourite cru from Irpinia. I went through a whole range of Sangiovese from Romagna following the Capitol Hill riots. I drunk down to the last drop a fresh and vibrant Verdicchio di Matelica during the never ending presidential inauguration.

Now the February chill is giving way to a promise of Spring and I am getting ready for that. I might even adventure outside. I might walk a couple of blocks, turn right, pass another block, turn left, cross the street and open the door of my usual wine supplier.
“O Signora bella!” he would greet me behind the face mask, he always jokes about my passion for Italy.

I would walk back a different way, carrying my new bottle. I would cross a small park looking at the blossoms, white or soft pink. I would detect a blackbird chirping, another one replying, their tinkly conversation going on without any worry.
I would think at new buds sprouting from old vines.
And everything will be fine again.

La vita scorre piano al di sotto della mia finestra. Una volta il suono di vite umane e delle loro macchine era continuo, una tappezzeria così ben intessuta da non essere più avvertibile. Adesso il sibilo di ambulanze spezza i piccoli rumori che si avvicendano trenta piani al di sotto del mio appartamento. Un piccolo fiume di passi distanziati, l’occasionale auto che si ferma ad un semaforo e poi procede fino al prossimo incrocio.

La vita è rallentata da quasi un anno. Mi siedo di fronte al monitor, che ha dietro una parete intonacata sulla quale ho appuntato qualche cartolina. Io sono quel genere di persona che compra cartoline e non le spedisce mai. Me le porto a casa dopo un viaggio e finiscono appuntate alla parete dietro il mio monitor.
Guardo le immagini di colline, spiagge, cime innevate di montagne, villaggi pittoreschi, porticcioli.
Mi manca l’Italia.

Considerando il mio stato di donna single di mezz’età-medio reddito, ci dovrebbero essere uno o due gatti ronfanti intorno alle mie caviglie mentre siedo di fronte al monitor. Non ci sono, non è perché io odi i gatti, in realtà ne sono affascinata. Ha a che fare con la loro sospettosità nei miei confronti, semplicemente non vogliono la mia compagnia. Lo so fin dai miei vent’anni e ho accettato il mio destino.
Ho avuto una cagna una volta e quando è morta il mio cuore si è spezzato per sempre. Non riesco nemmeno a scriverne.

Quindi non ho un cane dietro la mia schiena quando siedo di fronte al monitor, non c’è una codina scodinzolante che cerca di attirare la mia attenzione. Non c’è desiderio di uscire per una passeggiata e una pisciatina.
Il più delle volte sto a casa.
Sto a casa, me stessa con le mie parole e il mio vino.
Dovrei essere più precisa.
Il mio vino italiano.

Se non è il weekend o un giorno festivo, non bevo fino a dopo le sei del pomeriggio, devo prima aver terminata la mia giornata lavorativa. Devo sentire che mi merito un premio, una pacca sulla spalla che mi congratula per essere riuscita a trascorrere un’altra giornata di solitudine e confinamento. Posso bere con piacere solo se c’è sempre una scintilla di speranza in un domani diverso.
Ecco perché bevo italiano, perché l’Italia è una Scintilla, si lo è.

Grazie al mio conto in banca mi sono potuta permettere – e ancora posso – la consegna a domicilio di questo, quello e quell’altro. Ogni quindici giorni una cassa mista arriva a casa, questo succede da mesi.

Così mi è stato possibile aprire un’ottima bottiglia di spumante italiano quando i risultati elettorali hanno confermato l’elezione del nuovo Presidente. Ho celebrato il giorno di Natale con un Barbaresco di quindici anni. Sono sopravvissuta a Capodanno grazie a 0.75 lt del mio cru irpino favorito. Ho consumato un’intera batteria di Sangiovese romagnoli seguendo la rivolta a Capitol Hill. Ho bevuto fino all’ultima goccia di un Verdicchio di Matelica fresco e vibrante durante l’interminabile cerimonia di insediamento presidenziale.

Adesso il gelo di febbraio sta lasciando spazio ad una promessa di primavera ed io mi sto preparando. Potrei anche avventurarmi fuori. Potrei camminare per un paio di isolati, girare a destra, superare un altro isolato, girare a sinistra, attraversare la strada e aprire la porta del mio abituale fornitore di vino.
“O Signora bella!” mi accoglierebbe da dietro la mascherina, scherza sempre perché conosce la mia passione per l’Italia.

Tornerei per una strada diversa, impugnando la mia nuova bottiglia. Attraverserei un giardinetto guardando i boccioli, bianchi o di un tenero rosa. Identificherei il cinguettio di un merlo, la risposta di un altro, la loro conversazione tintinnante continuare senza la minima preoccupazione.
Penserei a nuove gemme germogliare su vecchie viti.
E tutto sarà di nuovo a posto.

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