Il formicaio del vino

il giovane Leopardi

di Raffaella Guidi Federzoni

“…Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz’altra forza atterra,
D’un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l’opre
E le ricchezze c’adunate a prova
Con lungo affaticar l’assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia diserta e copre…”

Mi permetto di scomodare il Poeta* per iniziare un ragionamento piuttosto inutile e per questo adatto a questi tempi in cui tutti esprimono pareri su tutto e nel frattempo altro succede.

Il nostro supposto amore e rispetto della natura viene meno quando durante una passeggiata nei boschi o fra le dune cespugliose poco lontane dal mare ci viene da sistemare il piede sopra un formicaio, distruggendolo, per poi ritrarci con un certo ribrezzo.

Da bambini le nostre curiosità potevano essere crudeli, ancora non ci avevano insegnato o imposto certi principi etici di convivenza. Da bambini eravamo liberi da sensi di colpa nell’ osservare la coda mozzata di una lucertola muoversi frenetica, l’agonia di un topolino fra le zampe di un gatto torturatore e il correre disordinato di formiche quando il loro spazio veniva frantumato.

Io bambina non lo sono più da mezzo secolo, ma non ho dimenticato. Soprattutto ho ancora vivo il ricordo di come in brevissimo tempo le formiche si riorganizzassero nel ricostruire la loro casa e riprendere ognuna il proprio ruolo.

L’esempio del formicaio e delle sue abitanti mi aiuta a spiegare come avverto il mondo del vino nelle sue numerose sfaccettature.

Nel corso degli anni si è sempre presentato non un “picciol pomo”, bensì un piede simbolico a scompaginare l’attività di chi svolgeva il proprio lavoro: vignaioli, agenti, importatori, distributori, dettaglianti, ristoratori, consumatori. Poteva essere uno scandalo anche con conseguenze mortali, o una nuova corrente di pensiero rivoluzionaria relativa alla produzione “etica”, o un irrigidimento tariffario da parte di paesi importanti come importazioni.

Nel corso degli anni alcuni se ne sono andati ed altri sono arrivati, ci è stato detto che quel che stavamo facendo non andava più bene, ora bisognava fare così e cosà altrimenti saremmo scomparsi. I bazooka mediatici hanno smantellato i cunicoli lungo i quali procedevamo ordinati per andare da un punto all’altro.

Ogni volta dopo lo spaesamento ci siamo ricomposti e riorganizzati in file ordinate, lasciando cadaveri sparsi che poi abbiamo dimenticato.

L’ultimo, il maggior Piedon de’ Piedonis che ci ha ribaltato, è iniziato più di un anno fa e ancora non sappiamo quando e come terminerà. Le restrizioni pesanti, conseguenza della pandemia, ci hanno impedito di vivere la nostra vita di animali sociali. Di nuovo e di più ci siamo trovati spiazzati e doloranti, in cerca di una direzione.

Poi quel formicaio umano che è il mondo del vino si è rimesso in riga, ha scavato nuove gallerie e ha iniziato di nuovo di muoversi nella direzione giusta.
I vignaioli hanno continuato a lavorare in vigna e cantina, i commercianti hanno comprato e venduto, i consumatori hanno aumentato i consumi e i comunicatori hanno comunicato. Non è avvenuto senza feriti o prigionieri, ma è avvenuto.

Noi formichine pazienti stiamo andando avanti a migliaia, così è stato e così sarà, ma per favore cari Dei dell’Olimpo risparmiateci altre future pedate, please!

*Giacomo Leopardi, da “La ginestra o fiore del deserto”

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