di Faro Izbaziri
Diconsi vini bruttarelli quei bianchi o rossi veraci che hanno qualche lineamento non apollineo: tannini un po’ mordaci, alcol un po’ bruciante, acidità un po’ scomposta, volatile un po’ sopra le righe, et similia.
(Uno solo degli aspetti elencati, eh, mica tutti insieme. Altrimenti si parla di vini horror.)
I vini bruttarelli si distinguono dai vini brutti tout court perché questi ultimi non hanno elementi attraenti e magari sono pure furbeschi, finti, costruiti da una turboenologia. Non fatti quindi, proprio costruiti. C’è una netta differenza.
I vini bruttarelli sono spesso più gustosi da bere dei vini belli, che possono essere noiosi nella loro precisione formale. Allo stesso modo una mela rincagnata e bitorzoluta può essere più saporita di una mela lucida rosso vivo, al morso farinosa e insipida.
I vini bruttarelli non costano uno sproposito e ti consentono un approccio informale, spigliato (tranne nel caso dei Cesanese del Piglio).
I vini bruttarelli possono essere irresistibili, ed è inutile chiedersi il perché. Come nelle relazioni umane, il bruto che piaxe e la bruta che piaxe sono evidenze statistiche ricorrenti.
Dettaglio non trascurabile, i vini bruttarelli si possono trovare anche nelle denominazioni e appellations famose; ma è un dato poco frequente.
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