Bolinas


di Raffaella Guidi Federzoni

Mai avrei pensato di scrivere un pezzo partendo da un necrologio relativo a qualcuno mai sentito nominare, il cui vino non ho mai bevuto e probabilmente non berrò mai.
Ma l’eccitazione per il ritorno sulla West Coast americana dopo più di tre anni, durante una domenica accarezzata dal vento marino, mi ha portato a soffermarmi su un pugno di foto pubblicate nella pagina venticinque del New York Times.
La storia è accattivante: un ragazzo cresciuto nella controcultura di quella che viene chiamata la Beat Generation è diventato un “vignaiolo involontario con un seguito di devoti”.

Alla fine degli anni del secolo scorso, dopo aver abbandonato gli studi arte ed aver lavorato per un editore, Sean Thackrey fondò a San Francisco una galleria specializzata in foto artistiche del diciannovesimo secolo. Non contento del successo, anche economico, un paio di anni dopo si trasferì poco lontano in un luogo descritto nell’articolo come “a Bohemian burg on the Pacific Ocean”. Bolinas è un villaggio difficile da raggiungere, nonostante sia molto vicino alla Highway 1 perché ancora oggi i suoi residenti mantengono l’abitudine di rubare i segnali indicatori.

Il Nostro, partendo da alcune viti da lui piantate per abbellire una staccionata, per gioco iniziò a produrre vino, contento del risultato decise di continuare comprando anche uva dalla vicina Napa Valley. La prima annata fu venduta col nome di Aquila nel 1981 e consisteva nel solito uvaggio di Cabernet Sauvignon e Merlot. In seguito, abbandonò l’ovvio per concentrarsi su varietà meno conosciute, mischiate come gli pareva e vendute secondo il suo parametro, non tutti gli anni e con nomi tipo Orion, Pleiades, Andromeda. Nonostante il successo, anche in Europa e Giappone, la produzione è rimasta limitata a quantità ridotte, utilizzando una cantina minimalista e impiegando poco personale.

Sean Thackrey non ha mai posseduto un vigneto, continuando ad acquistare le uve. Non ha mai seguito altrui tendenze, ha creato le proprie. Molto sicuro delle proprie opinioni, definiva “…terroir, l’idea che il vino esprima il suolo e il clima in cui l’uva cresce, un pietoso opportunismo, addirittura una forma di razzismo viticolturale…”*. Nell’articolo non vengono mai citati termini come “biodinamico, biologico, naturale”, probabilmente perché non considerati necessari da un ante-boomers. I testi da lui seguiti erano decisamente classici come Le opere e i giorni di Esiodo; le centinaia di volumi antichi accumulati hanno formato una collezione venduta recentemente per due milioni di dollari.

Una storia americana, significativa abbastanza da essere riportata nella pagina degli obituaries del New York Times. Una storia sviluppatasi in quel bacino tecnologicamente creativo situato nella Baia di San Francisco, ma totalmente avulsa da manie di espansionismo informatico.
Una storia enologica tutto sommato modesta rispetto a quella di cantine californiane molto più grandi, molto più famose e molto più premiate.

Sean Thackrey è deceduto a settantanove anni conservando nel suo fare la voglia di produrre piacere con un vino “…che parli, che cambi, che racconti qualcosa di diverso in ogni sorso… quel genere di complessità che lo rende interessante.”* Parole che sembrano riecheggiare discorsi oramai in bocca a molti arrivati dopo, anche a casa nostra; con la differenza che le sue non si ammantano di esoterismo, di presunzione, di assolutismo.

Per questo la sua storia mi ha colpito, nonostante ignori quanto costino i suoi vini, se siano venduti in Italia, se qualcun’ altro ne abbia scritto in precedenza, persino se siano buoni o solo così così.
Lo ignoro e continuerò a ignorarlo, una volta tanto quel che mi preme di raccontare è come l’eccentricità possa donare piacere agli altri e a se stessi, quando viene accompagnata da cultura e dal coraggio di scegliere una via i cui segnali rimangono nascosti a chi frequenta autostrade.

New York Times, Obituaries, Domenica 12 giugno 2022.

*Ho tradotto dal testo originale, non del tutto letteralmente, ma cercando di rendere il senso di quanto espresso.

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