di Fabio Rizzari
Per Soldati – vado a memoria – un vino è niente se non ha un padre, una terra di nascita, una vendemmia data. Insomma, se non si può dire di chi sia figlio e dove sia nato.
Sottoscrivo: al 75% per convinzione reale, al 15% per appiattimento sulla posizione culturalmente dominante. Sul restante 10% sarebbe più comodo se mi limitassi a un non so/non rispondo.
Invece mi tengo stretto quel dieci per cento di dubbio. Perché non così raramente mi càpita di restare affascinato da vini di cui non so nulla. Non così raramente mi càpita di berli con piacere intatto. E sempre non così raramente mi càpita di non sentire per nulla la necessità di dare a tali vini un nome, un albero genealogico, una patria. Una storia.
Improprio o no, mi viene sempre in mente il paragone con un’opera cinematografica. Posso andare al cinema o apparecchiarmi a vedere un film in televisione sapendo in anticipo chi è il regista, chi sono gli attori, qual è la trama; e per soprammercato dove è stato girato, chi ha scritto la sceneggiatura, chi il commento musicale. E via via.
Ma le poche volte in cui accendo il televisore e trovo appena iniziato un film di cui ignoro tutto, se il film mi cattura lo vedo senza alcun limite emotivo o sensoriale, anzi quasi con gusto più pieno.
Uhm… rileggendomi, forse dovrei rivedere al rialzo quel dieci per cento.
Rispondi