di Fabio Rizzari
È banale, ma ancora qualcuno lo ignora: l’autore non è necessariamente il soggetto più acuto e affidabile nel dare pareri sulla sua opera. Quando un’opera – sia un testo letterario, un dipinto, o più modestamente un vino – viene ultimata, licenziata, l’autore è una delle voci autorevoli nell’interpretarla, non per forza la più autorevole.
Anzi. In modo curioso, si dà spesso il caso di autori che interpretano in maniera poco convincente la propria opera. Dandone una visione addirittura banale, incapace di restituirne la complessità.
Gli esempi non mancano. Tanto per stare alle citazioni colte, esistono incisioni di alcune partiture di Stravinsky, dirette dal compositore medesimo, meno brillanti rispetto a letture di altri direttori d’orchestra. Oppure, se volete fare un giro su youtube, andate a cercare registrazioni del famoso – e un po’ enfatico – preludio n.8 opera 12 di Scriabin. Ne esistono un bel po’ di varianti, e tra queste è possibile ascoltare una registrazione di Scriabin stesso, datata – pare – 1910: fatta la debita tara (cattiva qualità audio, con conseguente perdita di dettagli esecutivi), suona davvero meno incisiva e avvincente rispetto, tanto per dire, a una qualunque delle interpretazioni del leggendario Horowitz.
Allo stesso modo, il produttore di vino, e l’enologo consulente, non sono forzatamente i soggetti che possono dire l’ultima parola sui loro vini. Dispiace dirlo (ma nemmeno tanto), produttori ed enologi sono talvolta* degustatori poco esperti. Per esempio, possono stupirsi se il loro vino “di punta”, 400% legno nuovo, super-estrattivo, extra lusso, viene valutato meno di un loro vino più “da battaglia”: cioè spesso più naturale e meno pompato.
A noi è capitato diverse volte di ricevere comunicazioni stupite, del tipo “ma siete sicuri di aver giudicato migliore il rosso x, d’annata, e non la riserva y?”; con il chiaro sottotesto, “certo che di vini non ne capite molto*”. Ovvio, nessuno è infallibile, e anche noi possiamo fare e facciamo errori di valutazione, ci mancherebbe. Ma ogni tanto i produttori sono i primi a non capire dove – e soprattutto perché – hanno fatto bene un vino, e meno bene un altro.
Ha ragione Isao Miyajima, nostro brillante collega giapponese: in Italia, come in altri paesi viticoli, uno degli elementi che frenano la crescita qualitativa è proprio la scarsa cultura degustativa di alcuni* produttori.
* eufemismo