Dementia praecox angelorum

di Rizzo Fabiari

Per una volta, basta parlare di vino. Usciamo dal nostro orticello, apriamoci a temi più alti e nobili. Parliamo di distillati. Come dice saggiamente zio Paperone, “in fondo, nella vita il denaro non è tutto. Ci sono anche l’oro, il petrolio, i diamanti…”.

Ieri sera ho finito le ultime gocce di un Whisky davvero unico. Unico almeno per me che – nella crescente spinta all’iperspecializzazione in tutti i settori, compreso il nostro – non mi occupo professionalmente di superalcolici. In altre parole, non ne capisco quasi nulla.

Si trattava di un Glen Grant. Sì, quello della nota e martellante pubblicità televisiva, che ci perseguita almeno dalla fine dell’Ottocento.  Attenzione: non sono competente, questo no, ma snob di sicuro sì. Quindi, era un Glen Grant, però del 1959.  Me lo fece provare la prima volta un esperto enotecario di Roma, dal nome che ricorda appunto i personaggi di Paperopoli: Anacleto Bleve. Lavoravo ancora al Gambero, e con alcuni colleghi rimanemmo folgorati dalla forza espressiva di questo Whisky.

Che scardinava i miei pregiudizi più ovvi sui distillati, il primo dei quali era “con quelle dosi di alcol, si avverte una sensazione bruciante, e poco altro”. Qui il poco altro era un trionfo di note olfattive intensissime, quasi intossicanti, di una complessità disarmante. Una litania di analogie a sostegno di queste affermazioni: “frutta esotica, cioè passiflora, mango, ananas, poi uva sultanina, roccia di mare, agrumi, spezie orientali, note affumicate, etc etc”.

Avevo tenuto la bottiglia per anni, e la potenza del distillato non si era affatto attenuata, anche se forse una quota del contenuto alcolico era volata via. Ieri le ultime stille. Se l’alcol, come dicono i francesi, è la parte degli angeli, la quota salita al cielo da questa bottiglia li avrà resi precocemente dementi…

PS dementia praecox angelorum è una composizione/rielaborazione di un noto e brillante pazzo internazionale, Gregorio Paniagua

4 commenti to “Dementia praecox angelorum”

  1. Beh, me ne si permetta l’alterata istanza, signor scrivente e voi alla lettura. Un distillato del mastro Capovilla – che son certo lei conosca – avrebbe potuto sortire gli stessi effetti, e li sortisce ogni volta. Forse non serviva un’annata così lontana o un nome così pop. Ed io, alquanto alterato dagli anni, non bevo che vino, e in special modo rosso. Le lacrime d’alcool che assumo raramente son dedicate a chi da sempre ha il compito di proteggermi da commettere errori che non ne valgan proprio la pena d’esser compiuti. Ma Lui, fedelmente egoista, è ghiotto di così tanta sincera bontà racchiusa in quelle gocce.

  2. Meglio tardi che mai.

  3. ho spremuto le ultime gocce da una bottiglia di Glen Grant 1971 (selezione Samaroli per Carretta) non molto tempo fa. Anche lei una bottiglia di una certa emozione, e totalmente all’opposto del GG dal gusto chiaro e pulito. Piuttosto un colore scuro e gusto esplosivo.
    Ma la cosa piu’ interessante e’ proprio la capacita di conservazione della bottiglia aperta di questi distillati, che ti consente una cosa impossibile con i vini, quella di poter avere piu’ bottiglie aperte delle chicche piu’ gustose, e poterle apprezzare nell’arco di un tempo lungo, nel caso mio di anni, a scelta a seconda dei momenti piu’ svariati, allo stesso modo come si fa a volte con i libri.
    E scusatemi, ma sui distillati per me la superiorita’ di quelli di cereali sul resto, con qualche eccezione solo per i rum, e’ chiara.

  4. Come dice, categorico, il maestro di gusto e amico Silvano Samaroli ‘il vino è acqua fresca di fronte ad un grande distillato’ . Condivido, il vino è come una polaroid a confronto di una tela d’autore.
    Ovviamente stimo moltissimo le emozioni che possono dare le istantanee!

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