di Raffaella Guidi Federzoni
Il liquido nastro rosso disegna un semi-arco perfetto e va a depositarsi nell’apposito contenitore pieno di segatura, posto a circa due metri di distanza. Per circa undici secondi ammutolisco, non ho mai visto nessuno sputare con tanta grazia ed eleganza. All’ignoto degustatore dedico questo post che tratta un argomento poco elegante, ma essenziale nella vita di ogni enodipendente.
Il dubbio amletico del titolo, io l’ho già risolto da tempo. Perché IO sputo e lo faccio spesso.
La scuola di pensiero antisputo recita “che senso ha bere del vino buono e pure ottimo se poi lo devi sputare?” e ancora “sputare è una cosa orrenda a vedersi, se non mi piace il vino al massimo lo verso con discrezione e lontano dagli occhi del produttore”. Chi afferma ciò, evidentemente non si è mai trovato nel centro del ring, ma sta ancora girando ai bordi.
Sicuramente, se si assaggia un vino per diletto e si partecipa ad una sessione degustativa in forma privata e come appassionato, accompagnati da un/una badante chauffeur, ci si può divertire a scolarsi bicchiere dopo bicchiere di vini che mai si è avuto la possibilità di avvicinare prima.
Io però non posso concedermi tale lusso, non c’ho ‘l fisico. Come me, centinaia e migliaia di professionisti che bevono vino e finiscono bottiglie senza disperderne una goccia a casa loro, ma quando si tratta di lavorare, beh, lavorano.
Per esempio, se ho una serata a tema in un ristorante, comunemente chiamata winemaker dinner, assaggio SEMPRE il vino preventivamente quando stappo le bottiglie. Calcolando che spesso partecipano più di cinquanta persone, che i vini serviti sono quattro o cinque e che si calcolano cinque persone a bottiglia – hanno pagato profumatamente per la serata, non possiamo fare i micragnosi – mi trovo a dover affrontare circa una cinquantina di sorsi prima ancora di salutare gli ospiti.. Se non sputassi, finirei sotto il tavolo invece di alzarmi e cominciare la mia performance intrattenitrice che durerà diverse ore, intervallata ogni tanto da robusti sorsi di acqua, questi sì bevuti fino in fondo.
Lo stesso comportamento lo mantengo anche quando mi trovo dall’altra parte del banchetto, e cioè non sono io quella che versa il vino, ma quella che lo degusta. Durante l’ultima presentazione della Guida curata da un paio di Accademici, insieme ad un altro produttore, detto “locomotiva” perché andava come un treno – ma non un Intercity, un TGV – ho assaggiato la maggioranza dei vini premiati. Confesso di non aver sputato tutto, proprio tutto, ma la maggior parte sì. Non ne sarei uscita viva altrimenti.
Ci sono forse dei fenomeni che riescono a mantenersi lucidi e capaci di scrivere note degustative pur svuotando bicchiere dopo bicchiere, ma io ancora li devo incontrare. I degustatori professionisti sono esseri umani normali con un palato ed una conoscenza enoica sovrannaturali. Sono tutti consapevoli di possedere un fegato e solo quello, quindi si comportano di conseguenza. Sputano.
Certa che un argomento di tale eleganza ed attualità avrà un notevole riscontro in ambito accademico, mi preparo ad una giornata di intense degustazioni. Un’ ultima raccomandazione, vestitevi di scuro, a volte uno scarso allenamento allo sputo rovina per sempre capi di abbigliamento dalle tenui tinte pastello.