Io Italio, tu Itali, egli Italia, noi Italiamo

pesca delle sirene nella Italia

di Raffaella Guidi Federzoni

Ad un certo punto il Grande Facitore si stufò di ruzzare*, la pallotta da lui manipolata era quasi finita. Gettò a casaccio i pezzetti avanzati nella polla sgorgata da una sua goccia di sudore e diresse l’attenzione verso altre galassie.

Forse non era una goccia di sudore, bensì una lacrima di dolore. Il dolore dato dalla consapevolezza divina che la perfezione appena creata sarebbe stata per sempre incompresa. O meglio, contesa. O ancora meglio, si sarebbe trasformata in qualcosa non voluto, ma alla fine accettato in nome della libertà di scelta proprio da Lui inventata.

Forse.
Intanto passarono i millenni, arrivarono le amebe che si tramutarono in pesci, i quali diventarono anfibi e serpi. Passarono i dinosauri rimanendo quel tanto che basta per farci contenti oggi nei musei e al cinema. Poi come vi pare, dipende dalle vostre teorie. Le scimmie si misero ritte per pisciare più lontano. Divenne più complicato copulare e figliare.

Infine si cominciò a pensare.

L’incipit termina qui. Mi serviva qualcosa di vagamente biblico per introdurre l’argomento che mi sta a cuore, un ragionare alterato e faticoso in questo luglio molto standard con la sua afa.

Un rimuginare che mi accompagna da tempo e riguarda nell’ordine: il Mediterraneo, l’Italia, la Sicilia e la Sardegna.

La polla d’acqua è il Mare Nostrum, centro del mondo commerciale, intellettuale, creativo ed operativo per secoli. Il sale contenuto nella lacrima divina ha alimentato generazioni di avi ed antenati ed il loro agire. Quel che siamo oggi in gran parte viene da lì.

Nel mezzo del Mediterraneo c’è l’Italia, né di qua né di là, proprio al centro. Bella scoperta, chi è che non lo sa? Tantissima gente, a cominciare da circa un miliardo di cinesi ed una manciata di studenti ignoranti nostrani. Pazienza, io lo so e lo sanno quasi tutti gli italiani che si lamentano di esserlo e vorrebbero essere tutt’altro, persino islandesi o svizzeri.

“L’Italia non sarebbe la stessa senza la Toscana e l’Umbria” sosteneva il mio nonno emiliano, sottintendendo quanto i figli di queste due regioni avessero contribuito all’arte e alla cultura italica.

Senza i Piemontesi l’Italia non si sarebbe fatta, l’abbiamo imparato al liceo, ci è stato confermato da qualche fiction televisiva.

Questo è vero e giusto, ma non basta a definire l’Italia com’è e chi sono gli italiani.

Anche dal punto di vista enoico, che è poi il succo di tutto il mio discorrere qui.

Tornando all’incipit, i due pezzetti principali gettati nella polla dal Grande Facitore si sono assestati come isole, ma che dico, Isolone!

Cosa saremmo noi, umani mediterranei, senza la Sicilia e la Sardegna?

Mettendo da parte i giganti isolani della nostra cultura e letteratura, sorvolando sul patrimonio archeologico ed artistico che ci viene da codeste isole, vorrei, fortemente vorrei, fare presente che dal punto di vista puramente enologico la Trinacria e l’Iichnusa sono uniche ed imprescindibili per il presente ed il futuro del territorio Italia. Due amplissimi bacini con una diversità di suolo, clima, vitigni e tutto quello che ci volete mettere riguardante la vitivinicoltura, che non si trova altrove.
In parte si tratta ancora di potenzialità non sfruttate, che però esistono e che prima o poi verranno fuori, considerando la testa dura e la preparazione delle nuove generazioni di nativi che no, non se ne vogliono andare, ma rimangono lì, a casa loro a provarci sempre di più, stagione dopo stagione.

Da tempo tutto ciò è risaputo, ma viene sempre fatto un distinguo.

“La Sicilia e/o la Sardegna non sono Italia” questa è una frase che mi fa soffrire quasi quanto l’altra infelicissima asserzione “In Sicilia sono tutti più o meno collusi con la mafia.”

Nossignore, la Sicilia e la Sardegna sono Italia, come lo sono la Toscana, l’Umbria, il Piemonte, il Veneto e tutti gli altri pezzetti che messi insieme formano la nazione più composita e recalcitrante ad amarsi e a farsi del bene che io conosca.

Su codesto blog alterato ho scritto diffusamente della Sicilia, spero di farlo presto anche per la Sardegna. Per il momento ho voluto, come dire, levarmi un sassolone-one-one dal mio stivale di italiana.

* Termine antico, tuttora utilizzato in terra tosca per indicare un divertimento infantile.

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