Dice che era un bel vino e veniva, veniva dal mare

di Raffaella Guidi Federzoni

“…perché il figlio di Zeus e Sèmele
Diede agli uomini il vino
Per dimenticare i dolori”*

Una signora non suda. Una signora non mangia né aglio né cipolla per evitare una strage sociale mentre sussurra, ride o rutta discretamente. Una signora può forse pensare “Cazzo!” ma non lo dice ad alta voce né lo scrive.

Una signora quindi non frequenta il Vinexpo a Bordeaux durante la settimana più calda ed afosa a memoria d’uomo.
Io sono stata a Bordeaux per un paio di giorni, mi sono nutrita di cibo indigeno ad altissimo contenuto antisociale, ho sudato copiosamente, soprattutto la notte in una camera d’albergo ad una stella e mezzo priva di condizionatore, esclamando più e più volte ad alta voce rompendo un silenzio insonne “Cazzo! Ma chi cazzo me lo fa fare!”.

Non sono dunque una signora, almeno nella forma.
Sono stata a Bordeaux e, nonostante tutto quanto scritto sopra, mi sono divertita, dissetata e ho imparato qualcosa in più.

Al Vinexpo non ci si va per concludere affari, come si fa alla Prowein. Non ci si va per confrontarsi, incontrarsi, mischiarsi e strenuarsi per troppo consumo adrenalinico, come accade al Vinitaly.

Al Vinexpo si va per annusare il Potere, rinforzare contatti precedenti e trovarne di nuovi. Al Vinexpo si va per affermare la propria seppur umile esistenza e capire come mai ci vanno, ancora, tanti altri. Gente al di là dal mare, mondi lontani, paralleli, a noi ignoti.

Partendo proprio dal mare, non posso fare a meno di tuffarmi nel sale, per passare poi al vino, sapendo bene di muovermi su di un terreno assai scivoloso, come su scogli bagnati.

Consegnato ormai il termine “mineralità” alle masse, ci si rivolge alla “salinità” come ad una nuova spiaggia descrittiva sulla quale approdare.

Il sale esiste nel vino, eccome se c’è. Ed è anche più facile da identificare rispetto ad altri sentori tenui e vaghi. Non voglio addentrarmi nei meandri delle diverse varietà, himalayane, costa bretone, Camargue, Essex, mi basta ritrovare questo elemento che esalta altri sapori, trasbordandoli lungo il palato.

Esempi di vino salino ne potrei fare tantissimi, dalla Val d’Aosta alla zona di Sennori in Sardegna, passando dalla costa di Amalfi, fino alle Isole Eolie e oltre.

Al Vinexpo, bisognosa di sale come una capra, ho però schivato le proposte italiche e mi sono diretta verso il fondo della Hall 1 – lunga qualche miglio – fino ad approdare in Grecia.
Perché proprio lì? Uno stimolo inconscio mi ha trascinato verso il mare, che del sale è il principale contenitore. Mi sono accomodata nel pieno Mediterraneo, nella terra che secoli fa ci ha portato civiltà e libertà di pensiero. Il luogo che prima ha creato gli Dei e poi gli Uomini Nuovi.

Il mare antico dunque e le sue isole.
Santorini, eccola qua.
L’isola delle isole immaginarie, prima scelta e primo produttore**. Un signore affabile che parla inglese fluentemente e che – ma non mi dire – è stato in Toscana e ha visitato la mia azienda. Mentre parla assaggio il vino bianco prodotto con il vitigno assyrtiko, nella versione più impegnativa perché una percentuale è affinata per sei mesi in barriques francesi. Al naso ed anche in bocca nessuna presenza invasiva di legno e vaniglia, piuttosto una zaffata di vento salino, qualche erba selvatica accomodata nel palato su di un letto di fiori citrini. Il sale c’è, c’è una stratificazione di agrumi pacificata da note cipriate, di fiori bianchi e di mandorla fresca. Un vino dissetante con un carattere marino.

Ripulito e rinfrescato il palato, con un quadruplo carpiato all’indietro passo direttamente al Vinsanto. Sono anni e annorum che alle vittime delle mie presentazioni spiego che il Vinsanto toscano si chiama così, non perché un tempo utilizzato come vino da messa, bensì per la lontana ascendenza con il vino prodotto nell’isola di Santorini da uve appassite, i cui chicchi vengono pigiati quando ormai hanno poco succo ad alto contenuto zuccherino.

Il risultato della spremitura viene poi lasciato maturare in piccole botti. La sintesi sempliciotta del facimento vinsantiero è questa, aggiungo che un vino prodotto seriamente così può durare nel tempo abbastanza da essere bevuto per almeno quattro generazioni.
Non posso quindi esimermi da risalire alla fonte e qui ne ho tre esempi: tutti prodotti da uve Assyrtiko, Aidnai e Athiri. Il vino è affinato in botticelle per 4,12 o 20 anni.

Beh… com’è?
Rispetto a quello toscano che viene prodotto con uve diverse, provenienti da un territorio ed una cultura differenti, quello ellenico è più tosto, più caldo, più spesso sul palato. Da una parte il Rinascimento elegante e leggermente austero, dall’altra il crepuscolo dorato dell’Ellenismo. Se il primo nella sua architettura è razionale e prospettico, il secondo si infioretta come le foglie d’acanto su di un capitello corinzio.
Se l’uno è frutto di terra e colline, l’altro dichiara una natalità di mare e terrazzamenti aridi.

E poi c’è quel granello di sale, nella dolcezza avvolgente e caramellosa più o meno spinta delle tre versioni greche con stupore si avverte una scheggia salina che rischiara quella che potrebbe diventare un’eccessiva cupezza . L’acidità ben controllata aiuta ad alleggerire, ma è il sale che aggrega ed esalta tre esempi di enologia isolana.

Nelle ore seguenti mi sono dedicata ad altro, il giorno dopo ero di nuovo in quel luogo, dimentica della fiera e dei suoi paradossi, accompagnata da un amico giovane ed esperto. Insieme abbiamo di nuovo assaggiato, domandato, cercato altro a parte il Vinsanto. Altre dolcezze, dai nomi evocativi come Mavrodafne o Samos, il cui fascino fonetico non trovava però rispondenza nel palato.
Alla fine della fiera – è proprio il caso di scriverlo -, passato più di un mese, quel che rimane e rimarrà a lungo nella mia memoria selettiva non è solo un vino, ma una storia di uomini che hanno attraversato il mare per depositare un briciolo di poetico sale nella nostra storia.

“Io già sento primavera
Che s’avvicina coi suoi fiori
Versatemi presto una tazza di vino dolcissimo”*

*Frammenti di un tale Alceo, tradotti da un tal altro Quasimodo
**Estate Agyros – Santorini

 

One Comment to “Dice che era un bel vino e veniva, veniva dal mare”

  1. Gentile Raffaella, dal mio appartamento d’affitto per le ferie estive salentine, ben condizionato, ho provato una certa invidia per la (fu’) sua afosa stanza d’albergo. Per non parlare del mio anelito per i vini greci ancora irrisolto….C…o!

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