La terza età e la settima bottiglia

di Shameless

I vecchi si alzano presto la domenica mattina ed egli era vecchio ormai da anni, così le prime luci dell’alba lo trovarono già in cucina, vestito e sbarbato.
Aveva i suoi rituali, il più importante consisteva nell’occuparsi delle bottiglie, quelle vuote rimaste dalla cena della sera prima e quelle piene in attesa nella cantina. Le bottiglie vuote erano sei, un sabato al mese si ritrovava con quattro amici fidati ed insieme assaggiavano e poi finivano sei vini diversi, mangiando qualcosa di semplice e sostanzioso. La primadonna doveva rimanere il vino, non il cibo.

Il fatto che fossero sempre in cinque a bere sei vini non disturbava il suo senso dell’ordine. La sesta persona era lei, che non c’era, ma era come ci fosse, sempre.

Prese le bottiglie vuote e le mise a bagno in un catino pieno d’acqua calda, leggermente insaponata. Ci sarebbero rimaste almeno ventiquattro ore, il tempo per scollare delicatamente le etichette che poi avrebbe fatto asciugare su di un canovaccio ed infine incollato su una pagina del suo album. Accanto ad ogni etichetta avrebbe scritto la data e le sue note personali di degustazione, senza punteggio.

Il primo vino era stato un vino del Nuovo Mondo : colore giallo pallido, quasi trasparente. Naso pungente senza eccessivi tropicalismi, un accenno di fiori bianchi ed albicocca segna una svolta nella maniera di intendere questo vitigno da quelle parti antipodee. In bocca piuttosto vivace all’inizio, leggermente troppo disteso per i miei gusti, si perde nel finale che rimane anonimo.

Il secondo vino bevuto era un “nuovo” classico del Carso. Il suo amico avvocato si era intestardito nel portarlo, nonostante sapesse quanto l’ospite fosse diffidente riguardo a quella categoria tanto di moda nel circolo ristretto di enofili che frequentavano: colore aranciato tendente al rame, bellissime sfumature dorate. Il pizzicorìo iniziale del naso scompare dopo una decina di minuti, lasciando spazio a note ossidative non spiacevoli e sentori di mandorla, buccia d’arancia, carne affumicata. Il rame ritorna in bocca grazie ad una sfumatura metallica attenuata da una frusta ruvida che sostiene il sorso alleggerendolo. Beva lunga, un poco rasposa. Vino austero ed impegnativo.

Il terzo vino era l’ultimo bianco : colore giallo intenso, un girasole in piena fioritura. Il naso è burroso, un burro condito da pesca gialla, zafferano e salvia. In bocca è cremoso, ampio, disteso, lungo. La spina dorsale scattante e leggermente salata conduce ad un finale lunghissimo passando attraverso siepi di bosso, campi di narcisi e coltivazioni di lavanda.
Quando la Francia stravince su tutti.

Con il quarto vino si era passati ai rossi, iniziando con una prova giovane ed irruente: colore rosso rubino intenso e brillante, come uno sciroppo di prugna rossa. Al naso nessuna prugna, piuttosto tanta ciliegia e tanta mora di rovo, senza alcuna dolcezza grazie ad una punta selvatica che caratterizza la tipologia. In bocca scalpitante e succulento, sciacqua il palato con soddisfazione. Rusticità elegante.

Il quinto vino era per lei: colore del sangue appena spillato da un’arteria, lo so è cruento, ma questo vino è cruento .Il naso è anch’esso sanguinolento, pepato, speziato di spezia mediterranea, non indiana. In bocca la spezia ed il sangue ritornano con vigore, insieme al cuoio, alla macchia ricca di lentisco ed erbe balsamiche. Tutto rimane a lungo nel palato, si sofferma e non se ne vuole andare. Come il suo ricordo, quello degli abbracci e dell’estate piena della nostra vita insieme.

Il sesto ed ultimo vino aveva messo tutti d’accordo: si è aperto piano, quasi con timidezza, prima ha allungato le gambe, poi ha spalancato le braccia. Il colore inizialmente granato opaco dopo un’ora ha assunto la brillantezza di una rosa cremisi. Anche il profumo dominante si è rivelato quello di una rosa leggermente appassita, appoggiata sopra un tappeto di foglie di alloro e quercia bagnate e calpestate. Il sorso è languido ed elegante, scivoloso, con un ritorno agli aromi avvertiti al naso ai quali si è aggiunta una nota di liquerizia.
Mi ha donato pace e mi ha sedato.

Finito di sistemare le bottiglie vuote si guardò intorno e sospirò, poi scese in cantina. Ci volevano quindici gradini, la casa di famiglia era scomoda per le sue gambe anziane. La cantina era interrata, buia e umida, perfetta per la conservazione delle sue numerose centinaia di bottiglie. Il fondo di sabbia e terra scricchiolò sotto le suole di gomma. Accese la luce della stanza più grande e cominciò a passare in rassegna le bottiglie sistemate per categoria ed annata.
Era un uomo ordinato e metodico, con i suoi rituali.

Ogni domenica poco dopo l’alba si recava in cantina, solo la domenica. Guardava le sue amate bottiglie, le spostava per accarezzarle e poi le rimetteva tutte a posto, meno una, già scelta e tenuta verticale dalla domenica precedente. La bottiglia che avrebbe bevuto la sera, dopo averla stappata nel primo pomeriggio.
Prima sarebbe andato a messa, poi a pranzo da qualche nipote portando le paste. Tornato a casa si sarebbe dedicato alla delicata operazione di stappatura ed assaggio. Poi avrebbe sonnecchiato un po’, telefonato a qualcuno lontano, guardato le partite, finito di leggere il giornale del giorno precedente.
Finalmente avrebbe apparecchiato con gli avanzi della sera prima, disposti sopra la tovaglia certamente macchiata ma priva di briciole.

Questo accadeva sempre la domenica da tanti anni, questo successe di nuovo.
La bottiglia era sempre la stessa, ma questa volta era l’ultima. A suo tempo ne aveva comprato diverse casse, un vino diventato negli anni costoso ed introvabile. Non era mai stato tentato di rivenderlo con profitto, piaceva troppo a tutti e due, marito e moglie.
Anche questa volta il liquido si rivelò disponibile, setoso, profondo nel suo mistero mai completamente svelato. Il risultato migliore di una vendemmia antica, ancora vivo. La polverina sciolta qualche ora prima si era amalgamata senza lasciare traccia né al naso, né in bocca.

Finito di mangiare si accomodò sulla poltrona davanti alla stufa accesa, sul tavolino trovarono posto il calice mezzo pieno e la bottiglia con un rimasuglio opaco nel fondo. Appoggiò una busta bianca sullo stelo della lampada che diffondeva una luce morbida. Con l’ultima energia si liberò delle scarpe che avevano nelle suole qualche traccia della terra di cantina.

La stessa terra che ricopriva il corpo senza vita di sua moglie, un corpo ormai diventato scheletro. Era stato faticoso scavare una buca abbastanza grande per introdurci la sua donna dalle gambe lunghe e i fianchi larghi. Lui però allora era forte abbastanza per riuscirci da solo. Aveva lavorato tutta la notte, metodicamente ricomponendo i frammenti del cranio fracassato da una bottiglia pesante che era rimasta intatta nonostante i colpi ripetuti. Le aveva coperto il viso immobile con i capelli impiastricciati sangue, chiudendo quella bocca che gli aveva chiesto la libertà e quegli occhi che lo avevano deriso per la sua prevedibilità.

Chiuse gli occhi anche lui, appoggiandosi allo schienale della poltrona.
Il suo terzultimo pensiero fu per la sua collezione di vini pregiati, sarebbe stata divisa fra gli amici appassionati che mai avevano chiesto, immaginando che la fuga della moglie fosse dovuta ad un amante lontano.

Il suo penultimo pensiero fu per le sei bottiglie vuote immerse nell’acqua saponata, le avrebbe trovate la mattina dopo la domestica e le avrebbe buttate senza preoccuparsi di salvare le etichette. Pazienza, era troppo tardi per sistemare anche quel dettaglio.
Il suo ultimo pensiero fu per lei, il suo amore diventato un’ossessione pericolosa per un uomo così ordinato e preciso.
Finì di pensarla, scivolando in un sonno senza fine.

3 commenti to “La terza età e la settima bottiglia”

  1. Si porrebbe trasformare in un racconto o forse contiene in sé ciò che potrebbe essere il racconto di un romanzo. Leggendolo lo prendo come regalo.
    Visto che oggi sono, e 47 anni fa fui per la prima volta.

    • Auguri affettuosi e grazie per l’apprezzamento. Non si preoccupi per il 47, dura solo dodici mesi e poi…zac! arriva il 48 e chi sa che succede.

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