Gadda non è… (prima parte)

di Federico d’Amely

Mi sono incautamente avventurato nelle ”Altre carceri d’invenzione” e nella “Farmacia degli incurabili” – che bei titoli: chapeau!! – opere del brillante ingegno di una più che alterata Apostola (?) Gaddiana: la Prof.ssa Federica G. Pedriali, Professore di Metateoria Letteraria e Studi italiani Moderni all’Università di Edinburgo e direttore della venerabile rivista “The Edinburgh Journal of Gadda Studies”.

Il rischio era di esserne stritolato, ma la mia non addettitudine ai lavori mi ha aiutato: tant’è che sono ancora qui a scriverne.

Il modo serissimo eppure un po’ scanzonato della Prof. mi è molto piaciuto, e ne ho ricavato, specialmente dalle altre carceri, cose a me poco usate: il piacere e la vertigine della ricerca, del libero seguire indizi e tracce che filtrando attraverso le certezze si aggregano in osservazioni, e magari scoperte, e intanto decantano in un discorso: magari anche difficile, ma significante, nel quale persino certe idee o parole, per sporche o scivolose che siano, emergono ad una loro sorprendente dignità – un po’ come in certe lettere di Mozart e, perché no?, anche del Nòster.

La verve inesauribile della Pedriali ha così fatto affiorare qualche spunto di riflessione sul Nostro persino a me: idee però appena abbozzate, non corroborate da approfondite letture o da solide bibliografie, che contando sulla magnanimità degli Alterati (e della Prof., che a buon diritto tra quelli annovero) esprimo come sono: nude, elementari e forse anche ovvie. L’intento è comunque quello di condensarle in poche righe – “La brevità, gran pregio”.

Gadda e il Fascismo:

Secondo me l’Ingegnere fascista non è.

Già: e la tessera?

Certo neanche socialista, né tantomeno rivoluzionario (il che di sicuro basta e avanza a certa critica “militante” per metterlo sia pure a malincuore dalla parte dei cattivi), ma fascista proprio no: anche perché, se vogliamo, e sia pure a modo loro, nel primo dopoguerra anche le camicie nere erano “rivoluzionarie”, e Gadda volendo avrebbe potuto approfittarne – come tanti altri – per fregiarsi di un comoda etichetta.

Ambiguità e dubbi, in merito, magari anche strumentali, derivano secondo me dall’indigesto gliòmmero Mussolini-Fascismo-Ventennio, che come una valanga ha travolto e invischiato (anche) il Nostro senza lasciargli scampo – e purtroppo non solo lui.

Credo dunque che per farsi in materia un’idea veramente gaddiana, e quindi empirica, e quindi non ideologica, basti semplicemente separare Mussolini – “Dictatore Impestatissimo”, si parva licet – dal Fascismo, movimento politico rispetto al quale Gadda anche solo evitando di schierarsi apertamente dichiara la propria lontananza, e soprattutto dal Ventennio, la palude che l’Ingegnere volente o nolente è costretto ad attraversare, e che con la sua roboante retorica fornisce incessantemente al già esacerbato reduce gli spunti e i temi sui quali lavorare – qualcuno inevitabilmente destinato a ritorcerglisi contro.

Dal ’22 al ’40 Gadda ha tra i 29 e i 47 anni… il consenso al regime gli cresce intorno come una foresta tropicale, favorendo alcuni e ostacolando altri indipendentemente dai rispettivi meriti, e così ingaggiandolo in un lungo duello tra etica e… cotica che solo la famosa puntualità dei treni e la ingegneresca arditezza di certe opere del regime avranno reso in qualche modo tollerabile ai suoi occhi; e comunque nelle sue opere c’è allora più che mai una certa nobile integra e se vogliamo anche letteraria distanza dai fasti propagandistici del tempo.

La tessera, in conclusione, l’avrà presa come tanti altri (vedi sopra): a guisa di ombrello affittato al Cobianchi scendendo per lavoro da un treno in un giorno piovoso.

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