
di Faro Izbaziri
Pochi giorni fa la scrittrice Joanne Rowling, autrice della nota saga di Harry Potter, è stata investita da una tempesta di merda mediatica per aver osservato che l’espressione politicamente corretta “persone che hanno le mestruazioni” è equivalente alla parola “donne”. Apriti cielo: migliaia di commenti di odio, più che di disapprovazione, i “suoi” attori dei film potteriani che prendono le distanze imbarazzati, sponsor che si ritirano, eccetera.
Direi che può bastare con la fase reattiva. È stato sacrosanto, nell’ultimo quindicennio, ripulire il linguaggio da termini discriminatorî, razzisti, omofobi, xenofobi, e via andare. Ma l’eccesso opposto è ridicolo, irritante, delirante. Non siamo capaci di una sana sintesi? Tra un leghista che afferma “userò negro e frocio fino all’ultimo dei miei giorni” e i surreali sostenitori di “persone che hanno le mestruazioni” non si può auspicare il luminoso μεσότης, la bilancia orizzontale della medietà aristotelica?
In attesa dell’età dell’oro del giusto mezzo, affermo che è ora di finirla con locuzioni e termini discriminatori nei confronti maschili, e di affiancarli con delle forme riequilibranti:
– lievito madre e lievito padre
– “mamma mia!” e “papà mio!”
– latte materno e latte diversamente paterno
– matrimonio e patrimonio (inteso come cerimonia)
– scuola materna e scuola paterna
– lingua materna e lingua paterna
– ir budello di tu’ ma’ e ir budello di tu’ pa’ (dialetto labronico)
– Stabat Mater e Stabat Pater
– madreperla e padreperla
– materasso e paterasso
– matrice e patrice
– mammografia e babbografia
– matricola e patricola
– matrioska e patrioska
– Madre Patria e Padre Patrio
E infine, già che ci siamo: perché si parla solo di politicamente corretto? cos’è questa odiosa discriminazione verso il geograficamente corretto?
e il geologicamente corretto,
il teologicamente corretto,
il biologicamente corretto, ______________ (continua ad libitum)