di Francesco BⒺghi
Non si può parlare di questo fondamentale libro senza prima scrivere alcune righe intorno all’autore. Faro Izbaziri, fine intellettuale di origini basche, musicologo, letterato, fuggito con i genitori in giovane età durante la Rivoluzione dei Garofani* dapprima in Francia e poi in Italia dove, anagrammando il suo vero nome, ha assunto il nom de plume di Fabio Rizzari.
Quivi stabilitosi nell’Urbe, si è dedicato ai piaceri del palato curando importanti guide vinicole e pubblicazioni tematiche tra cui i libri “I Macigni” scritti a sei mani con Danilo Cernobyl e Marcello Sabbatico.
Ora, per i tipi della Giunti Editore (nella foto sotto: i tipi della Giunti Editore), è uscito il suo primo (e ultimo, finora), imperdibile libro a firma singola: “Le parole del vino”.
Sin dal titolo e soprattutto dalla copertina, che raffigura un tavolo Ikea montato male, si evince alla perfezione di cosa tratta il Rizzari (lo chiameremo così per comodità). Dopo la godibilissima introduzione di un acrobata della parola (cit. Isabella Bossi Fedrig Raffaella Guidi Federzoni) quale Armando Nocciolo detto “Castagno” per l’abilità di pigliare a cazzotti chi si azzarda a contraddirlo, introduzione che occupa circa i 3/5 delle 125 pagine del libro, ci si addentra nel labirinto ironico e fantasioso dell’autore, che smonta luoghi comuni, palloni gonfiati, cubi di Rubik del vino con la levità di un aliante che si libra etereo tra goffi aerei da trasporto militari. Sapido, tannico, aguzzo, il Rizzari sa di sapere e pertanto può permettersi talvolta il gioco di far finta di non sapere, beffeggiando se stesso e tanti altri che non sapranno mai di essere stati beffeggiati anche se capiterà loro di leggere il libro.
Consigliato agli esperti di vino, con la speranza che si rendano conto che esperti non lo saranno mai; ai semplici appassionati, con la speranza che non si mettano mai in testa la balzana idea di diventare esperti; e a chi di vino capisce poco o nulla, che sono quelli che il vino se lo godono davvero.
* Pregasi astenersi i soliti pignoli che vorranno far notare essersi svolta la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo.