Relazioni pericolose

Go enjoy

di Shameless

Da giovane mi piaceva vivere pericolosamente, entro certi limiti. Adesso mi piace invecchiare pericolosamente, sempre entro certi limiti. Nel senso che non mi butto giù da tremila metri aspettando di aprire il paracadute a quota trecento, però non disdegno nuove esperienze sensoriali.

Ho scritto sensoriali, ma anche sensuali può andar bene.

Il gusto è infatti fra i cinque sensi quello che può donare più piacere fisico, allontanandosi dai pregiudizi ed inibizioni mentali che spesso precludono esperienze trasgressive ed estreme.

Invecchiando si diventa mezzi sordi e molto cecati, ma il Gusto si vivacizza, spesso aiutato dall’attendente Olfatto il quale non disdegna di partecipare ad una partouze strampalata.

Con questo atteggiamento mi sono lasciata coinvolgere in incontri disparati, al limite del lecito.

Per esempio, ho gioito e goduto più volte dell’accoppiata ostriche e birra. Soprattutto se le prime sono polpose e sapide come quelle del Nord Est Pacifico e la seconda è una Porter bella scura dalla beva cantilenante come una ballata irlandese.

Sempre a proposito di birra, nel caso una bière blanche belga, ho compreso il senso di “West meets East” facendomi accarezzare il palato da sorsi leggeri e freschi come origami durante un pasto giapponese veloce.

Una birra similare, ma nuovomondista, ha smorzato l’eccessivo fuoco provocato da chicken wings micidiali, restituendo funzionalità alla mia povera lingua esausta grazie alle sue note citrine e acidule.

Passando a qualcosa di più forte, da provare forse una volta o e poi mai più, mettendo a rischio una vita costruita su relazioni vicine-vicine-fin troppo vicine, ho provato nella penombra un incontro all’ultimo sangue fra un Islay whisky e un paio di filetti di sgombro affumicato. Non ci sono stati vincitori, però che notte!

Quanto sopra scompare di fronte alla mia recentissima esperienza triangolare, per spiegare la quale ho necessità di fornire qualche spiegazione privata.

Da anni e annorum mi incontro quotidianamente, pranzi e cene, con un rappresentante del mondo angloide all’ennesima potenza. Un tipo che per lo sbarco in terra tosca si portò sacchi di avena e barattoli di fagioli conditi con una salsa di pomodoro dolciastra, più qualche bottiglietta di una melma scura chiamata Marmite. Tali provviste rimasero neglette e alla fine furono gettate nella discarica legalizzata e lì rimasero, ignorate persino dai ratti ilcinesi.

Lo stesso tipo è oramai convertito ad un’alimentazione buona e giusta, anzi, come tutti i convertiti, discetta a riguardo della cottura degli spaghetti e storce il naso quando gli vengono proposti funghi che non siano porcini od ovoli.

Qualcosa però rimane nel suo DNA, il quale non è semplicemente inglese, bensì yorkshirese, quindi ancora più atavico e complicato.

Nelle brume nordiche della Britannia vige un detto tramandato da più di un secolo:
“An apple pie without the cheese is like a kiss without a squeeze”*.

Tutto sommato si tratta di un’accoppiata sensoriale accettabile, con varianti leggermente perigliose, alle quali mi sono con il tempo adeguata.

La variante più azzardata, e per questo più eccitante si è svolta un paio di sere fa, al rientro da un viaggetto in terra francese, durante il quale il suddetto tipo non mi si è mai levato di torno, tanto da farmi sospettare che abbia un certo interesse per la sottoscritta, al di là delle mie capacità culinarie.

Siamo dunque rientrati con la macchina carica di alimenti solidi e liquidi. Dopo aver trasbordato il bottino nei luoghi acconci, esausti dal viaggio ed intristiti dalla fine dello stesso, ci siamo accomodati già con fare nostalgico, guardandoci negli occhi.

In fondo però, avere quasi sessant’anni vuol dire avere quasi tre volte vent’anni.

Spogliati delle nostre inibizioni e vogliosi di qualcosa di più abbiamo scartato con cautela un formaggio di capra dalla crosta dura e cinerina e dal cuore di seta e crema. Mentre le nari si riempivano dell’afrore decadente, con mani tremanti abbiamo aperto lo scrigno delle meraviglie, il vaso di Pandora, rivelando il cerchio palpitante e succoso di una tarte aux amandes et abricots, sfornata la mattina stessa. Un boccone di uno, un boccone dell’altra, poi entrambi contemporaneamente.

Frenetici dapprima, poi con un passo più calmo. Aiutati in questo dal Terzo elemento, il “Lui chi è?”*** del caso, l’elemento prolungatore e miglioratore di una serata particolare. Un Moscato secco della Val di Noto che con la sua onda lunga in bocca e al naso ha trasformato gli eccessi zuccherosi della torta e quelli aciduli del formaggio in una copula gustativa perfetta.

Stremati da tale esperienza, abbiamo appena fatto in tempo a far sparire le tracce del nostro agire peccaminoso prima del rientro di un altro Terzo elemento, quello umano che si aggira da queste parti ad orari scomodi e per il quale avevamo comprato la suddetta torta. Troppo tardi figliolo, non ti resta che annusare quel tuo calzino dimenticato da giorni sotto al letto.

Così è se vi pare.

* “Una torta di mele senza formaggio è come un bacio senza una pomiciatina.”

** Omaggio a Renato Zero

 

 

 

 

 

 

 

2 commenti to “Relazioni pericolose”

  1. E poi dicono che i figli crescono male e hanno rapporti conflittuali con i genitori. Ma hanno ragione!!!!!

  2. Avrei pensato di scrivere diversamente ma di getto ora scrivo semplicemente bello.
    bello l’excursus tra le birre che finisce nei whisky
    bello questo approccio e scelta di de-gustazione
    il piano fabulistico è sempre bello
    infine bella la citazione di Pirandello, voluta o no, patrimonio di un modo di dire collettivo.

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