Pezzettino

di Shameless

Il tavolo per due era davanti alla porta d’ingresso, ad un metro dalla tastiera sulla quale picchiava duro il pianista ingaggiato per la serata.
“Non possiamo sederci qui, c’è un altro tavolo più distante?”

Aveva letto negli occhi di lui la decisione di andarsene subito, ma era testarda e quella doveva essere una serata diversa, migliore. A costo di dover prodursi nel personaggio della cliente rompicoglioni. Sebastien il cameriere capì immediatamente con chi aveva a che fare e come dal nulla un tavolo più appartato si materializzò.

“Voglio proprio vedere a chi appioppano quel tavolo fregatura.”
Alzò lo sguardo dal menu e le sorrise, il primo sorriso della serata.
“Come mai ti sei vestita di rosso?”
“Guarda, tutte le altre son vestite di nero. Il nero è sicuro, funziona sempre, sta bene a tutte. Ne ho abbastanza di vestirmi di nero.”

Nessun commento, continuava a guardare il menu capendo una parola su tre, ma andava bene così, ci pensava lei a tradurre.

Era un menu fisso, prendere o lasciare, anche per il vino.
“Mezza bottiglia di rosato e poi mezza di rosso.” Sebastien fece un mezzo inchino e scomparve.
Le due sale continuavano ad inghiottire coppie o gruppetti di nero vestiti.

Riapparve Sebastien con due flutes di Champagne di benvenuto, alla richiesta di chi fosse il produttore rispose qualcosa di incomprensibile.
“Non ha importanza, tanto è servito nei bicchieri sbagliati.”

Vuotò la flute e si sentì meglio. Il pezzettino di fegato rosolato ed inserito in una patata arrostita con tutta la buccia le tirò fuori parole che non avrebbe voluto dire
“Un tempo mi chiamavi il tuo Pezzettino.”
“Ma proprio no, sarà stato un altro.”
“Già, forse”.

Pépites de foie gras poeles en habit de pomme de terre rotie en robe des champs, sauce périgourdine.

“Cos’è il topinambour?”
“Un tubero che in Italia non si fila nessuno.”
Il menu era scritto in modo fiorito ed elaborato e si divertì a declamarlo arrotando bene le “erre” come aveva imparato tanti anni prima. Oramai tutti i tavoli erano occupati a parte quello sfigato accanto al pianista, il quale continuava a pestare i tasti esibendosi in un repertorio convenzionale e piuttosto deprimente. Lei però si sentiva allegra, con la sensazione del sole sulla schiena. La mattina avevano camminato per ore seguendo il corso di un fiume sassoso ed era stato come tornare all’altro fiume, quello di un’altra età.

Carpaccio de noix de Saint-Jacques en marinade instantanée au citron vert, huile d’olive et piment d’Esplette, écrasée froide de topinambour, sauce de corail et agrmes, surprise de feuille d’huitre.

 “Scommetto che quel tizio incravattato è inglese, ha la pettinatura giusta.” Con discrezione indicò una coppia seduta ad un tavolo dal lato opposto. Ai piedi della donna c’era un cane tranquillissimo dal pelo biondo e lungo. L’uomo indossava una giacca blu piuttosto rigida ed una cravatta dalle righe in diagonale, di qualche università britannica minore. I due mangiavano in silenzio impugnando le posate come fossero bisturi chirurgici. Questa visione le fece ancora più apprezzare il pezzettino di aragosta mangiato con le mani. Si leccò le dita con eleganza prima di chiedere a Sebastien “Dove sono le chips di carciofi?”
Il ragazzo confuso si scusò, fuggì e riapparve con un ciotolino colmo di petali di carciofo fritti, poi si dileguò di nuovo. Lei pescò un paio di chips e gliele offrì con un gesto che significava gli anni e anni passati mangiando uno di fronte all’altro senza mai veramente annoiarsi.

Déshabillé de homard et médaillon de filet de loup cuit sur la peau, risotto de lentilles vertes du Puy, créme légère de trompettes-de-la-mort et chips d’artichauts

 Il pianista attaccò una versione soft di Arrivederci Roma, alla quale fece seguito Caruso. Intanto la mezza bottiglia di rosé locale era vuota da un pezzo e Sebastien la sostituì con una di rosso.
“Mi chiedo quanto pizzo gli hanno dato al sommelier per servire dei vini che vanno dal semi merdoso e al totalmente merdoso.”
“La semimerda rosé però l’hai bevuta quasi tutta tu.”
“Tieni, ti puoi bere la mia vodka sorbettata, a compensazione.”

Sorbet mandarine et vodka, croquant chocolat pur caraibe aux éclats de fruits secs en trou provençal

Quando Sebastien portò I due piatti dal contenuto elaborato, il pianista era appena tornato dopo una breve pausa. Il vocìo aumentava, si capiva che agli altri tavoli erano state servite bottiglie intere, bevute, e riordinate. Per sovrastare il rumore e giustificare la sua presenza il musicista si lanciò nell’esecuzione del classico dei classici.
“Ma ancora va Gloria Gaynor?”
“Certo, sopravvive sempre.”

Noisettes de cuissot de biche en habit de poivre, cube de pommes de terres fondantes au thym, farandoles de fruits rotis, sauce sucrée salée de gelée de grosseilles et vin rouge de Provence

Si era tenuta un fondo del mediocre rosso per aiutarsi nell’ingerimento del dessert ingombrantissimo, burrosissimo ed impossibile da evitare.
“Non ce la faccio a finirlo, ne vuoi un po’?”
“Mangi meno e ci metti più tempo.”
“Adesso è tutto così, mi piace sbocconcellare e farlo con calma.”
“Però assaggi tutto.”
“Sono sempre curiosa.”
Stese la mano per carezzare la sua, molto più grande e scura. Egli dopo qualche secondo la ritrasse imbarazzato.
“ Sembriamo due alla prima uscita insieme.”
“E invece ci frequentiamo da qualche decennio.”

Déclinaison sur le chocolat: entrements noir pur caraibe, la mousse praliné Juanduja, chocolat blanc. Le tout servi sur son biscuit moelleux au parfum chocolat café et deux crèmes (la verte et la blanche)

Erano passate almento tre ore. Sebastien prelevò i piatti e gli comunicò che il seguito della serata con musica si sarebbe svolto nella sala accanto. Si spostarono insieme agli altri ospiti, qualcuno piuttosto traballante.
Uscendo sfiorarono il tavolo sfigato che era rimasto vuoto per tutto il tempo.
“Ho lasciato il cellulare in camera.”
“Il mio l’ho spento da un’ora, gli auguri importanti li ho spediti.”
“Ci siamo, meno male!”
“Auguri Pezzettino!”

Suite de la Soirée Dansante au bar , Mignardise er chocolat, coupe de début de l’année

Mentre lo schermo mostrava una successione roboante di fuochi d’artificio, il pianista mai stanco attaccò La Bamba.
Si presero per mano e uscirono di soppiatto, ignorati dai numerosi, eleganti e neri danzatori.

Accelerarono i passi per il freddo e, tempo dieci minuti, si trovarono accoccolati nel lettone come due vecchi bambini a cui importava solo sapere che un’altra notte di un altro anno stava passando e che loro erano ancora in tempo per viverla tutta.

 

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