di Faro Izbaziri
Mi chiamo Ambrogio
Ciò l’orologio
che segna sempre
le ventitré
Chissà perché
Stamattina mi sono svegliato con in testa l’inizio de I salamini, chissà perché (appunto). Me lo sono trovato, il perché: quest’anno ricorrono i cento anni dal trasloco di Ettore Petrolini da Via Baccina 32, nel rione Monti (era infatti conosciuto come er roscetto de Monti) a San Giovanni e/o a Via del Tritone (a seconda che si legga da destra o da sinistra).
Vogliamo pescare un centenario più documentabile? Eccolo. Sono cento anni esatti dall’esordio cinematografico di Petrolini, con il titolo assai opportuno di Mentre il pubblico ride (Mario Bonnard, 1919).
Come da regolamentare cliché romanesco, Petrolini aveva un forte legame con il vino, essendo romano. Tra le citazioni famose al vino, l’arringamento alla folla in Nerone (pòrtace n’artro litro, che s’aribeve), la celebrissima* Nannì (‘Na gita a li Castelli: scritta da Franco Silvestri nel 1926 e portata al successo da Petrolini).
Nel carteggio e nei diarî privati si rintraccia tuttavia un cenno più raro al vino. Petrolini si trovava a Parigi, dove ebbe l’onore di rappresentare Medico per forza alla Comédie Française. Forse addirittura in “lingua di Francia, che è ormai nel sangue mio, nelle seicentottantasei vertebre della mia spina dorsale”. Scrive:
In Italia, che cosa ero io? Appena, appena un superuomo celebre, tutt’al più, come emanatore di fascino e come fumatore di sigarette da ottantamila lire al pacchetto…
Da Parigi, invece, posso gridare:
Crede Dante Alighieri, poverino,
d’essere un gran poeta
sol perché lo chiamavano di… vino.
Però le fame son tutte compagne,
ed io l’ho già eclissato
poiché sono il poeta di… Champagne
*come alla Treccani e alla Conad sanno bene, la forma celeberrima ha raggiunto la data di scadenza a fine ottobre 2010