di Rizzo Fabiari
Un paio di settimane fa ho bevuto al ristorante con amici uno dei vini più estremi delli ultimi tempi. Della serata riscriverò prossimamente. Sul primo vino stappato trascrivo invece qualche nota a parte ora. Il suo modo di proporsi è quantomeno assertivo, tutto meno che all’insegna dell’understatement: etichetta con disegno in bianco e nero di fanciulla magrissima che si ràvana nelle mutande, nome nemmeno velatamente allusivo, ma proprio esplicito, J’en veux (più o meno “ne voglio”).