di Giancarlo Marino
Anche la sconfinata passione per la Borgogna rischia di soccombere sotto i colpi dell’aumento dei prezzi. Sulla scia di Bordeaux, infatti, anche in Côte d’Or i vini di maggior pregio e fama si sono avvicinati e spesso hanno superato il livello di guardia.
Sarà la legge del mercato, sarà colpa dei cinesi, oppure più banalmente di una miope politica dei prezzi, ma è ormai un fatto acquisito che acquistare una buona bottiglia a prezzo umano stia diventando impresa davvero ardua.
Giusto qualche giorno fa stavo guardando i prezzi della annata 2005, all’epoca della uscita sul mercato. Dopo alcuni anni di stabilità relativa, facendo leva anche sulla qualità dell’annata secondo il parere dei più noti esperti anglosassoni, i produttori della Côte d’Or, nessuno escluso, aumentarono sensibilmente i prezzi. Da allora, i prezzi sono aumentati in modo esponenziale, in media del 50% ma in qualche caso anche di oltre il 100% .
Che fare, dunque, prima di arrendersi definitivamente?
Temo che una soluzione non ci sia, almeno per quanto riguarda le denominazioni più prestigiose, e ogni appassionato se ne dovrà fare una ragione.
Tuttavia, cercando oculatamente è ancora oggi possibile individuare vini di livello qualitativo consono alla fama della zona e ad un prezzo che, seppure non proprio a buon mercato, sia comunque abbordabile senza svenarsi.
Perfino qualche semplice “Bourgogne” potrebbe rispondere a questi requisiti (Voillot, Lafarge, Mugneret-Gibourg, Roumier, Cecile Tremblay e a volte Fourrier i primi nomi che mi vengono in mente), ma l’assaggio del Bourgogne 2009 del Domaine Michel Gaunoux è scolpito nella mia memoria per non consigliarlo con forza. Mi limiterò, tuttavia, ai vini della denominazione comunale, i c.d. “Village”. E questo sia per limitare il raggio d’azione, sia perché è indubbiamente più facile trovarne in numero sufficiente, ma anche per farsi subito una prima idea delle loro caratteristiche conoscendo l’esatta origine comunale.
Di buono c’è che il quadro a tinte fosche che si va ormai delineando viene a volte squarciato dalla comparsa sulla scena di qualche produttore, di limitata reputazione fino a quel momento, il più delle volte giovani dell’ultima generazione, che non si spaventano a modificare la consolidata routine dei padri e apportano sensibili miglioramenti. Il consiglio, quindi, è quello di non trascurare i nomi meno noti. Pagheremo meno il vino e a volte faremo scoperte sorprendenti.
Partendo dal nord e scendendo giù lungo la Cote d’Or.
Marsannay è generalmente conosciuta per produrre vini di pronta beva, semplici, giocati sul frutto, di non grande complessità. In realtà, scegliendo con cura, si riesce a trovare qualcosa di buono, a volte anche di ottimo. Dovendo fare un solo nome, consiglio di bussare alla porta del Domaine Charles Audoin. Vini di grande classicismo, con ciò intendendo rispetto della tradizione ma grande cura per la pulizia e il dettaglio. Al peggio farete una chiacchierata molto interessante con il giovane e talentuoso Cyril Audoin, ma con un po’ di fortuna ve ne andrete con qualche bottiglia di eccellente Marsannay, pagando un prezzo leggermente superiore alla media ma comunque adeguato alla qualità del vino.
I lieux dits, vinificati separatamente, sono tutti interessanti, ma dovendo indicarne uno solo dico Les Faviéres, perché piace a me, e se proprio ne volete un altro scegliete tra Champ Salomon e La Charme aux Pretres secondo i vostri gusti. Gli amanti della vecchia scuola possono rivolgersi al Domaine Roty, selezionando tra Le Clos du Jeu, Le Boivin e Les Ouzeloy, tra gli altri, quello che più risponde alle esigenze e ai gusti personali. Chi è invece alla ricerca di qualcosa di davvero nuovo e originale, può tentare con Sylvain Pataille, selezionando anche in questo caso uno dei vari lieux dits o, volendo sconfinare dal paradigma del Marsannay, provando la selezione L’Ancestrale. Aggiungete qualche altro euro, però, e non attendetevi un vino diafano, svelto e scorrevole.
Se perfino il vicino comune di Fixin può vantare qualche 1er cru, francamente non vedo motivi per cui alcune vigne di Marsannay non dovrebbero meritare analoga classificazione. La questione, purtroppo per i prezzi, troverà presto opportuna soluzione.
A Gevrey Chambertin è difficile battere strade sconosciute. I migliori village sono in genere quelli dei produttori più noti (tra gli altri, Bachelet, Claude Dugat, Dugat-Py, Fourrier, Denis Mortet, Rossignol-Trapet, Roty, Rousseau, Trapet). Tra i produttori meno noti, simpatizzo per i village di Geantet-Pansiot, Harmand-Geoffroy, Humbert e Serafin, e si risparmia qualche euro rispetto alla media.
A Morey St. Denis trovare dei “village” all’altezza delle attese è meno facile di quanto si possa credere. Questo è dovuto soprattutto al fatto che le vigne non classificate a Grand Cru e 1er Cru sono davvero poche. Consiglio quindi un produttore molto noto come Dujac; ma tralasciando i suoi molti vini di rango e prezzo conseguente, scegliendo invece il suo delizioso e poco costoso Morey St. Denis village, inno alla florealità. Un 2007 bevuto recentemente mi ha confermato come a volte, da queste parti, si possa godere anche senza svenarsi.
Le vigne di Chambolle Musigny dedicate all’AOC village non sono molte di più e i produttori sono davvero pochi. In tutte le manifestazioni che si tengono periodicamente in zona, la lotta per il vertice vede puntualmente impegnati i soliti tre, Roumier, Mugnier e Ghislaine Barthod. Per il prezzo e per gusto personale simpatizzo per la versione della brava Ghislaine. Tra gli “esterni”, non sempre ma spesso apprezzo le versioni di Confuron-Cotetidot, Drouhin-Laroze, Fourrier, Geantet-Pansiot, Guyon, Hudelot-Noellat, Pacalet, Cecile Tremblay.
A Vosne Romanée l’impresa di acquistare a prezzi ragionevoli è pressoché impossibile. Di ottime versioni ve ne sono diverse, ma tra le tante (Bizot, Cathiard, Comte Liger-Belair, Thibault Liger-Belair, Cecile Tremblay le prime che mi vengono in mente) segnalo quella di Georges Mugneret-Gibourg, che per qualità, continuità e prezzo credo non abbia rivali.
Nuits St. Georges non è probabilmente il comune ideale per trovare qualche village all’altezza. Ma, volendo farsi una idea della zona, se provate quello di Robert Chevillon non dovreste rimanere delusi.
Sono troppo pochi i miei assaggi di “village” della collina di Corton, di Savigny Les Beaune e Beaune per dare consigli. Ma vi capiterà d’estate di aver voglia di qualcosa di poco impegnativo, in alternativa alla solita birra ghiacciata, e allora un Savigny fresco di cantina, dissetante, spensierato e a buon mercato potrebbe fare al caso vostro.
Per Pommard potremmo dire le stesse cose dette per Nuits St. Georges. Ma non ce la faccio a trattenere il mio tifo curvaiolo per la versione del Domaine Voillot: nelle annate in cui i tannini si mostrano più fini è un davvero un gran bel bere.
A Volnay ho pochi dubbi a scegliere il più buon village. È la versione “Vendange Sélectionnées” di Michel Lafarge, qualche euro più della media ma in questo comune i prezzi sono ancora umani, e quindi il portafoglio non ne soffrirà.
Mancano all’appello i village “bianchi” della Côte de Beaune. Ma questa è un’altra storia, altrettanto lunga, e magari ne parleremo in altra occasione.