Giorni (abbastanza) grandi di Borgogna – 2

Ghislaine Barthod

di Giancarlo Marino

Da Chambolle a Morey

Arrivo a Gilly-les-Citeaux e trovo una situazione di traffico leggermente migliore. In compenso fa un discreto freddo.

Amiot-Servelle
Provo Chambolle, Chambolle Charmes e Les Amoureuses. Non mi pare di intravedere stravolgimenti nella velocità di crociera di questo produttore. I vini sono mediamente buoni, e neanche così cari in rapporto alla media, ma è d’obbligo la domanda se sia ancora il caso di spendere queste cifre per vini così o non sia meglio spendere magari di più ma per vini che facciano davvero la differenza. Se nessuno si offende, faccio mia l’acuta osservazione, di non ricordo chi, che si tratta del Les Amoureuses dei poveri.

Arlaud
Annoto che diversi amici di bevute e buoni conoscitori della borgogna apprezzano particolarmente i suoi vini. Anche a me non sono dispiaciuti affatto (in particolare Chambolle Les Sentiers e Bonnes Mares) ma semplicemente non incarnano il canone estetico della mia predilezione.

Ghislaine Barthod
In questo caso mi trovo nella situazione esattamente opposta. Ad alcuni dei miei amici i suoi vini non fanno impazzire, mentre io credo che subito alle spalle di Roumier, Mugnier e De Vogue sia doveroso annotare la brava Ghislaine. Mi sono piaciuti sia Chambolle che Chambolle Les Cras, forse non disponibilissimi al momento ma autentici e puri.

Bertagna
Penso che per fare grandi vini non basti terroir e buone capacità, ma serva anche “amore”. Questi vini, Chambolle e Clos St. Denis in questo caso, mi sembrano sufficientemente anonimi per non invogliarmi a riberli. Uno stanco menage familiare, un tran tran senza particolari sussulti in positivo o in negativo.

Castagnier
Apprezzato da alcuni, meno da me. Ho provato il solo Chambolle e non mi ha dato lo slancio necessario per affrontare l’assaggio degli altri vini. Ben fatto, intendiamoci, ma uno Chambolle può, anzi deve, dare molto di più.

Clos de Tart
Ammetto di non esserne un fan sfegatato, ma se vi piace questo stile, opulento e lussurioso, l’annata 2012 potrebbe piacervi senza riserve.

Faiveley
Non ho mai apprezzato incondizionatamente lo stile della casa, improntato alla severità. Avevo letto però che negli ultimi anni erano state introdotte alcune modifiche e che lo stile, pur rimanendo ancorato alla più classica tradizione borgognona di vini pensati per sfidare i secoli, aveva virato verso una maggiore finezza. Ho provato Chambolle La Combe d’Orveau e devo dire che mi è sembrato un gran bel vino, dove potenza e eleganza si fondono a perfezione. Un piccolo, ma neanche tanto piccolo, Musigny.

Domaine des Lambrays
Leggo sull’opuscolo che sono in assaggio il 2010 e il 2012 del Clos des Lambrays. Giustamente, sul banchetto vedo 2011 e 2013, quando si dice la precisione. Non trattandosi di 2012 salto a piè pari i commenti, anche se mi pare che gli appassionati di questo bellissimo cru possano dormire sonni tranquilli.

Lignier-Michelot
Fin dalla prima visita di una decina di anni fa penso che Virgile Lignier sia un bravo vigneron, ambizioso ma con i piedi ben piantati per terra. Anche in questo caso, attendevo solo che facesse il definitivo salto di qualità. Non so se con i 2012 l’abbia fatto, ma come minimo ci è andato vicino, perché tutta la batteria dei vini (dal Bourgogne al Clos de la Roche, passando per i 1er cru di Morey St. Denis) convince senza cedimenti. I vini sono succosi, freschi, ben definiti, dinamici. Li riproverò alla prima occasione, nella speranza che non si sia trattato di un abbaglio.

Stephane Magnien
Ho sempre avuto un debole per il giovane Stephane e per i suoi vini delicati e puri. Questa volta, pur non dispiacendomi in assoluto, ho trovato vini meno precisi e dinamici di quello che mi sarei aspettato. L’assaggio in queste condizioni potrebbe ingannare e quindi rimando il giudizio ad un successivo assaggio.

Raphet
Altro produttore di buona tradizione ma che non mi aveva mai fatto innamorare in modo incondizionato. A dicembre avevo provato un suo 2011 e, nella tristezza del panorama, mi era sembrato nettamente uno dei migliori. Provo oggi i suoi 2012 (Morey St. Denis, Chambolle Musigny e Clos de la Roche) e credo di esserne stato conquistato senza riserve; si tratta di vini eccellenti, tutti. Provo anche il Clos de la Roche 2008, quasi a trovare conferma, e mi convince anch’esso. Ne comprerò.

Chantal Remy
Provo alcuni 2010, ma in particolare i 2012 di Morey Clos des Roziers e di Clos de la Roche. Sono vini “antichi”, più che tradizionali, ma nel senso più positivo del termine. E’ come ricordare come si facevano una volta i vini da queste parti, con quel tocco nobile, romantico, malinconico e autunnale che piacerà molto agli amanti del genere.

Afferro qualcosa da mangiare (tra cui un oeuf en meurette in improbabile contenitore per lillipuziani), mi accorgo che i piedi mi si sono congelati e decido di uscire al sole, anche perché Roumier, Mugnier, Dujac e altri produttori di questo livello hanno deciso di non esporre i propri vini.

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