Stefano Capras Caprina
Luca Santini
Federico Maria Sardelli
Ettore Visibelli
Non in servizio internettiano permanente effettivo
Francesco Beghi
Marco Bolasco
Giovanni Bietti
Fabio Cremonesi
Francesco Falcone
Ernesto Gentili
Giampaolo Gravina
Carlo Macchi
Alessandro Masnaghetti
Pierluca Proietti
Giampiero Pulcini
Gae Saccoccio
Marco Veneziani
Ultima tappa vitivinicola verso est. Ultimi metri di terroir italico. Siamo in frontiera e come tutte le frontiere del mondo lembi di terra straordinariamente simili si dividono un po’ di qua e un po’ di là, tanto da far sorgere il sospetto che sia solo uno specchio che raddoppia la stessa prospettiva. Stessi colori, stessi macigni, stessi boschi selvaggi, stesse uve, stesse raffiche di vento. Improvvise e talora devastanti.
Il Carso ha tante facce quanti sono i suoi confini. Arido come la roccia e generoso come il colore della sua terra. Severo e ospitale, grigio e azzurro. La sua gente è bellissima: visi da turco e da austriaco inalberati su corpi snelli da giuliani; accento triestino e sguardo slavo.
Riuscire a ordinare un vino in un qualsiasi locale modaiolo di Roma senza passare per le forche caudine degli equivoci, della competizione più o meno strisciante con il responsabile della cantina, del gioco io ne so più di te no io ne so più di te no io etc, è un’eventualità improbabilissima. L’orrida moda dell’enogastronomia stende un velo appiccicoso su ogni relazione umana che abbia il vino come comprimario o peggio come protagonista. Un velo che rende nei fatti fallito a priori il tentativo di rilassarsi senza troppe complicazioni.
Ci vorrebbe un motore a improbabilità infinita per viaggiare nel tempo e tornare alla trattoria di fronte a Castel Sant’Angelo di Racconti Romani. Baratterei qualunque carta onnicomprensiva o anche territoriale o anche vinnaturalistica con l’unico vino a disposizione dell’epoca, per modesto che fosse.