Trascrivo qui, per maggiore comodità di chi legge, lo scambio epistolare di queste ore con Josko Gravner. Come dice il buon Michel Bettane, “il vino è bevanda della civiltà”, e mi pare che anche una corrispondenza simile, che nasce probabilmente da un paio di fraintendimenti legati al post precedente, si muova nel solco di un confronto civilissimo.
Gentile signor Rizzari,
Mi permetto di scriverle dopo aver ricevuto da un mio cliente il suo articolo in riferimento a quello scritto dal sig. Scanzi.
Prima di decidere se farlo sono stato molto combattuto, perché non volevo rischiare di passare da quello che si lamenta se uno la pensa diversamente, o perché non apprezza i mie vini…se avessi avuto questi tipi di timori non avrei mai fatto i vin…i di oggi.
Nel 2011 ho festeggiato 44 vendemmie, ho iniziato presto, ho provato le tecniche più moderne per fare il vino, sono passato dall’acciaio, alla barrique… sono uno che non esegue una tecnica se prima non conosce tutti gli aspetti di questa. In 44 vendemmie ho cambiato spesso strada, e ogni volta lo fatto quando mi accorgevo dei limiti di quella tecnica…sia in vigna che in cantina.
E’ fondamentale conoscere le varie tecniche per poi giudicare i vari risultati. Oggi il mercato ha una attenzione in modo particolare per tutto quello che e’ Bio, compreso il Vino… è chiaro che molti di questi sono produttori hanno solo cambiato maschera. Il Vino per me è buono o cattivo! Bio, vini veri, macerati ecc … ecc… è l’ennesima moda, ma cio’ nonostante sono stato abituato a guardare oltre, il vino per capirlo va bevuto e non basta un bicchiere, ma capisco che questo per chi fa il suo mestiere e’ impossibile, ma e’ anche un limite…
un giorno un amico giornalista sportivo mi disse che scrivere del mio vino e come scrivere di certi sport, come la maratona, non trovano spazio sui giornali perche’ non sono affascinati come altri, perche’ il fascino di un maratoneta sta nella durata, nella resistenza…e raccontarla in poche righe e’ impossibile.
Lei scrive il suo disappunto sui Vini macerati, come se le mecerazioni fossero un limite alla bevibilità…su questo non sono d’accordo, le uve rosse si e quelle bianche no? eppure la natura direbbe il contrario è la stessa fobia dell’alcol nel vino, un tempo si usavano macchinari per concentrare il mosto, ora gli stessi si usano al contrario.
Le sostanze che rendono importante un vino, che gli danno longevità risiedono nella buccia ( di uve mature allevate su terreni vocati è chiaro), le macerazioni servono per questo, così l’alcool,un vino che esce dalla cantina dopo 7 o 10 anni come i mie vini, se non hanno una buona struttura anche alcolica iniziale si perdono per strada.
Le scrivo questo non per avere ragione perché non e’ quello cerco, ma perché la bevibilità è una cosa, il piacere o meno un vino è tutta un altra cosa…e non centrano le macerazioni.
Ma del suo articolo quello che mi stupisce e mi ha spinto a scriverle è stata la scelta della birra, una provocazione ? non so, ma fare su 18 ettari 30.000 bottiglie e uscire con i bianchi dopo 7 o 10 anni dalla vendemmia, significa lavorare e cercare di farlo seriamente. Vengo da una famiglia contadina e questo e il mio piu’ grande orgoglio, e da mio padre ho imparato che il rispetto verso gli altri e’ un valore assoluto. Se devo essere sincero aver sostituito un mio vino con una birra banale come quella nella foto e’ una mancanza di rispetto.
Josko
Gentile signor Gravner, le mando una risposta più articolata rispetto a stamattina. Lei mi ha ricordato chi è e cosa ha fatto e fa per il vino: sulla sua opera concordo con migliaia di suoi ammiratori e come ho già affermato la stimo un tassello davvero importante per la nostra tradizione enoica. A mia volta le scrivo un paio di note personali. Cominciando da chi non sono: non sono un vignaiolo, non sono un agronomo, non sono un enologo. Sono invece un giornalista che si occupa di vino, questo sì, ma prima ancora una persona che fa del rispetto del lavoro altrui il punto centrale della propria professione. Di più: che fa del rispetto degli altri quasi una forma di ossessione. Se ha tempo e voglia le sarei grato se volesse leggere, ad esempio, questo mio testo di qualche tempo fa.
In oltre vent’anni di lavoro non mai polemizzato con qualcuno, se si eccettua un diverbio marginale e internettiano con un collega. Non è un vanto, ma solo una constatazione: altri giornalisti apprezzabilissimi hanno una verve polemica superiore. Premesso questo, sono certo che lei rispetterà un’opinione diversa dalla sua. La maggioranza dei bianchi cosiddetti macerativi per me hanno scarsa bevibilità, lei la vede diversamente: amen. Aggiungo che per chi fa il mio mestiere, proprio al contrario di quanto lei scrive, è fondamentale capire un vino, interpretarlo. Se ha una vaga idea di come si lavora noi, per esempio per la guida, dovrebbe sapere che di sicuro non giudichiamo un vino sbrigativamente dopo averne sorseggiato un singolo bicchiere. Un’annotazione non secondaria: lei, forse male informato da altri, pensa che io abbia “sostituito” in qualche modo il suo vino con la foto di una birra. Glielo ripeto: l’articolo nasce così come lo vede tuttora, con quel fotomontaggio, che è un innocuo divertissement. Non, mi creda, una provocazione o peggio uno sfregio.
Infine, non lo scrivo per civetteria ma perché ci credo profondamente: chi non scherza non è serio. La serietà non si misura con l’assenza di toni leggeri, e non va mai confusa con la gravità. Lei ha una sua visione che ho definito mistica e claustrale: due termini tutt’altro che offensivi, anzi – in un’epoca laica e per molti aspetti laida – altamente apprezzabili. Ma non è la mia visione. Che è più scanzonata, e dopo anni di lavoro nel settore, possibilmente più ironica. Entrambe sono visioni legittime ed entrambe hanno credo diritto di essere rispettate.
Con stima, buona serata
Fabio Rizzari