Diva in Borgogna

di Giancarlo Marino

Dopo le tre puntate dedicate ai Grands Jours, trascrivo le note che ho preso nel corso di due mattinate di assaggi durante la manifestazione “collaterale” organizzata a Beaune dal distributore DIVA.

Arlaud. Convincenti tutti i vini presentati da questo produttore (Bourgogne “Roncevie”, Morey St. Denis, Morey St. Denis 1er cru Ruchots, Clos St. Denis). Tutti di bella definizione, “tres Morey”, tensione, ampiezza, bevibilità. Altamente consigliabile.

L’Arlot. So bene che potrei arrecare dolore all’Armando Alterato (noto fan del settore sud di Nuits St. Georges), ma dei vini presentati (NSG 1er cru Clos de l’Arlot e Clos des Forets St. Georges e Vosne Romanée 1er cru Les Suchots) non me ne è piaciuto nessuno. Sono peraltro consapevole che la vinificazione con i raspi e la fase non felice (un po’ come per Dujac) complica una lettura precisa dei vini e quindi sospendo il giudizio rimandandolo a futuri assaggi.

Blain Gagnard. La mia stima nel produttore e le aspettative per una annata propizia sono state almeno parzialmente deluse da questi assaggi. I vini si lasciano bere senza porre particolari ostacoli, ma non si mettono in luce come mi sarei aspettato. L’impressione è che non sia riuscito a sfruttare tutte le potenzialità dell’annata, rimanendone sensibilmente al di sotto, ma potrebbe anche essere che i vini abbiano sofferto un’imbottigliamento recente o più semplicemente che stiano passando una fase di difficile lettura. Ho provato Chassagne Montrachet, Puligny Montrachet, Chassagne Montrachet 1er cru Boudriotte, Morgeot, Chassagne Montrachet rouge, Volnay 1er cru Champans.

Henry Boillot. Ho trovato quello che mi aspettavo, ovvero vini solidi e molto ben fatti, anche se al momento senza particolare souplesse per estrema gioventù. Puligny Montrachet, Puligny Montrachet “Clos de la Mouchere” (forse il più convincente), Corton Charlemagne (un po’ “grosso”, a un C.C, anche giovane, preferisco mineralità e droiture a grassezza e peso), Volnay ( un po’ anonimo).

Bonneau du Martray. Quella del 2010 mi è sembrata una versione “sussurrata” del Corton Charlemagne. L’esperienza mi dice di attendere che con qualche anno di bottiglia il vino acquisti un po’ di “volume”. Al momento non sembrerebbe una annata memorabile, o comunque inferiore a 2005/2007/2008 (il 2009 non l’ho ancora provato).

Jacques Carillon. Due anni fa, al medesimo evento, mi erano piaciuti particolarmente i 2008 dei fratelli Jacques e Francois Carillon (Domaine Louis Carillon &Fils), uno dei migliori indirizzi di Puligny Montrachet. Dopo la separazione dei due fratelli, e la conseguente nascita di due distinti Domaine, ero curioso di coglierne le differenze. Di Jacques ho provato Puligny Montrachet, Puligny Montrachet 1er cru Champ Canet e Perrieres. Ottimi vini, equilibrati e finemente minerali, bella aderenza territoriale. Mia preferenza al Champ Canet rispetto ad un Perrieres più largo che lungo.

Francois Carillon. Bourgogne, Puligny Montrachet, Puligny Montrachet 1er cru Champs Gain, Combettes e Perrieres. L’intera linea mi è piaciuta meno di quella precedente. Tutti i vini mi sono sembrati scomposti e di faticosa beva. Non rimane che attendere per capire se si tratta di una fase infelice o se, più semplicemente, Francois è stato meno bravo del fratello ad interpretare i 2010.

Laleure-Piot. Ho provato un Savigny e un Pernand Vergelesses 1er cru Les Vergelesses, rouge. Non mi hanno lasciato particolari sensazioni e, pur essendo vini tutt’altro che disprezzabili, penso che in zona altri abbiano fatto meglio.

Clos de la Chapelle. Stavo per passare oltre, non potendo assaggiare tutto, ma qualcuno mi ha consigliato di provare. Volnay 1er cru Carelle sous Chapelle e Clos de la Chapelle (monopole) pur lasciandosi bere, se ne vanno senza lasciare traccia. Non vorrei essere “tranchant”, ma a Volnay so già dove andare per emozionarmi.

J.J. Confuron. Chambolle Musigny e NSG 1er cru Boudots. Per chi ama il pinot noir sul frutto, giovane e sensuale (come dire le curve al posto giusto), è un indirizzo consigliabile. Forse un po’ smorfiosi?

Daniel Dampt. So che si arrabbierà il buon Rizzo Fabiari, ma mi sembra che questo sia il caso per orrida citazione “ma anche no”! Chablis 1er cru Cote de Lechet 2010 e Chablis 2011.

Drouhin-Laroze. Gevrey Chambertin un filo troppo “scuro” ma succoso e beverino; Gevrey Chambertin 1er cru Au Closeau scomposto, di difficile lettura; Clos Vougeot compresso e duro, selvaggio, piuttosto scomposto, ma davvero tanta materia; Chambertin Clos de Beze austero e chiuso, ma al naso lascia intravedere buona ampiezza aromatica. Avrei preferito una visione dell’annata 2010 più scintillante (in stile 2006 e 2008, per intenderci), ma con un minimo di attesa tutte le cose dovrebbero andare al loro posto.

Fontaine-Gagnard. Vale quanto detto per Blain Gagnard, mi aspettavo di più. Chassagne Montrachet, Chassagne Montrachet 1er cru La Maltroie, Clos St.Jean e Cailleret, Batard Montrachet. Riproverò più in là.

Matrot. Meursault, Meursault Blagny 1er cru, Meursault 1er cru Charmes. Chi è in cerca di vini da bere nel breve-medio periodo si rivolga altrove. Qui non si lavora di uncinetto ma per realizzare vini che sappiano reggere nel tempo e, ovviamente, in gioventù peccano in definizione e finezza. Tanta pazienza, che dovrebbe essere ripagata.

Pierre Morey/Morey Blanc. Domaine e Maison di un bravissimo produttore. Vini solidi, compatti ma assolutamente non rustici, mi sarei solo aspettato una maggiore definizione. Ho assaggiato St. Aubin 1er cru Les Combes e Meursault Tesson.

Nicolas Rossignol. Produttore in grande ascesa, il volto moderno di Volnay. Non è il mio stile preferito, ma riconosco la grande riuscita di tutti i vini (Savigny 1er cru Les Fourneaux, Beaune 1er cru Clos du Roy e Clos des Mouches, Volnay 1er cru Chevret e Cailleret) con sottolineatura per un Cailleret ghiaioso, profondo, complesso.

Roulot. Bourgogne, Meursault Meix Chavaux, Luchets e Tesson Clos de Mon Plasir, Meursault 1er cru Charmes. Per me uno dei tre grandi di Meursault (con Comte Lafon e Coche Dury), peccato che anche i prezzi si stiano allineando. Solare il primo, minerale e di ottima definizione il secondo, ricco e ampio il terzo, una meraviglia il 1er cru Charmes. Apprezzo molto la capacità di questi vini di farsi bere con soddisfazione da giovani ma anche di evolvere magnificamente nel tempo.

Sauzet. In genere apprezzo molto lo stile di questo produttore. Magari niente di stratosferico, ma una costanza qualitativa e una bevibilità che ne fanno uno dei preferiti dalla ristorazione. Di qui una piccola delusione per l’assaggio dei 2010 (Puligny Montrachet, Puligny Montrachet 1er cru Folatieres e Combettes, Batard Montrachet), cui ho preferito i 2008 provati due anni fa. Il solito punto interrogativo sugli eventuali problemi di fase, direi quindi nulla di definitivo.

Voillot. Da queste parti è sempre una festa. Amo tutto di Jean-Pierre Charlot e lui fa di tutto per confermare anno dopo anno il giudizio che ho di lui. Volnay, Volnay 1er cru Fremiets e Champans, Pommard 1er cru Pezerolles sono uno più buono dell’altro. Ovviamente Fremiets più aperto e pronto (mi verrebbe da dire “allegro”) di un energico ma sereno Champans, con Pezerolles in versione aromaticamente esplosiva (bellissima la nota di pepe rosa che fa da contraltare al cestino di piccoli frutti rossi e arancia sanguinella). Secondo Jean-Pierre il 2010 è l’anno di Volnay, quindi se vi volete disfare dei suoi Pommard dateli a me.

Comte Armand. Più passa il tempo e più Benjamin Leroux diventa bravo. Ai vini del Domaine ha affiancato da qualche anno una piccola attività di negoce, non ancora all’altezza degli altri ma in continuo progresso. Auxey-Duresses 1er cru, Pommard 1er cru Clos des Epeneaux e Pommard 1er cru (dalle vigne giovani del Clos). Il migliore è ovviamente Clos des Epeneaux, complesso, profondo ma al contempo scintillante e “sereno”, una bellissima versione.

Chandon de Briailles. Corton Bressandes chiuso e imperscrutabile, giudizio rimandato, ma con fiducia; riuscitissime versioni del Savigny 1er cru Lavieres e del Pernand Vergelesses 1er cru Ile des Vergelesses; Corton blanc minerale e possente, ma confesso di avergli sempre preferito il Corton Charlemagne per una maggiore droiture e finezza (peccato che non lo vinifichino più). La nota di merito va ai due “piccoli” vini da Savigny e Pernand, una vera delizia già oggi ma con prospettive di miglioramento nel medio periodo. Come farsi un regalo spendendo in modo ragionevole.

Dujac. Di nuovo il Morey St. Denis e provato il Vosne Romanée 1er cru Malconsort. Quest’ultimo mi ha fatto una ottima impressione anche se al momento è una belva in gabbia, ruggisce nervosamente e sembra implorare quella serenità che solo il tempo potrà dargli. Se e quando solo un indovino può dirlo, io non mi azzardo.

Geantet-Pansiot. Chambolle Musigny v.v., Gevrey Chambertin v.v. e Charmes Chambertin. Produttore affidabile, vini “seri” ma allo stesso tempo distesi. Volendo trovargli un limite, sembrano disegnati con una matita a punta grossa, una maggiore finezza di tratto non avrebbe potuto che giovare.

Comte Lafon. Con le debite eccezioni (è per me indelebile il ricordo di alcuni vecchi Meursault Perrieres, straordinari il 1992 e il 1996), pur riconoscendo l’assoluta grandezza di Dominique Lafon e sapendo di suscitare le rimostranze di molti, nel complesso i suoi vini non mi hanno mai rapito. Probabilmente per una ricchezza e “grassezza” al limite del troppo, ma anche per una lunga serie di sventure dovute ad ossidazione precoce. Per questi motivi mi appresto ad assaggiare i suoi vini sempre con un sentimento di curiosità misto a scetticismo, come per evitare possibili delusioni. Nel caso dei 2010 non posso che manifestare tutto il mio entusiasmo. Il semplice Meursault è molto fine, fresco, equilibrato, di inaudita golosità, vale ampiamente la maggior parte dei Meursault 1er cru in circolazione. Il Meursault Clos de la Barre (vigna non del mio privilegio) è molto buono anche se al momento gli preferisco il precedente proprio per una migliore definizione e maggiore freschezza. Il Meursault 1er cru Charmes compete con quello di Roulot per il titolo di migliore bianco di questa settimana. Non servono troppe parole, MERAVIGLIOSO. Non ho chiesto se e cosa sia cambiato in cantina (in genere, a questa domanda i produttori rispondono con tono seccato che non è cambiato nulla) ma l’impressione è che i suoi vini abbiano perso qualcosa in termini di opulenza (potrebbe aver diminuito il batonage?) mantenendo intatta la ricchezza dell’estratto, la profondità e la complessità, ma migliorando in termini di trasparenza e purezza del frutto. Se continua a fare questi vini toccherà ricomprarli, portafoglio permettendo.

Meo-Camuzet. Anche qui il rischio è l’impopolarità, ma lo correrò. Fino a qualche anno fa avevo in cantina una cospicua scorta di vini di questo produttore, acquistati nell’arco di oltre un decennio. Puntualmente i migliori di Vosne all’uscita in commercio. A distanza di qualche anno ho ritrovato questi vini assai meno piacevoli (diciamo per brevità che erano invecchiati molto male). Il passo successivo è stato quello di non apprezzarli più neanche da giovani. Nella speranza di tornare sui miei passi, continuo ad assaggiarli e, in questa occasione, ho provato il NSG 1er cru Boudots e il Corton Perrieres. Questi vini non riescono proprio a piacermi, me ne farò una ragione, ma mi piacerebbe confrontarmi con altri che la pensano diversamente.

Perrot-Minot. Brutta cosa il pregiudizio, sempre. Per un lungo periodo l’ho tenuto a debita distanza, come neanche il peggiore produttore di Langa-In nei momenti più bui. Alcuni precedenti assaggi mi avevano convinto che si trattava di uno stile all’esatto opposto di ciò che mi piace della Borgogna. Anche in questo caso volevo passare oltre ed evitare l’assaggio, ma avrei fatto male. Intendiamoci, non sono e forse non saranno mai i vini del mio cuore, ma onestà intellettuale impone di dire che alcuni di questi vini sono molto buoni o addirittura eccellenti. Il Morey St. Denis La Rue de Vergy è l’unico vino che non mi è piaciuto proprio (come in tutti i casi in cui avverto note che mi ricordano la mortadella al pistacchio…), mentre ho annotato una progressione su Vosne Romanée Les Champs Perdrix, Vosne Romanée 1er cru Beaux Monts (solare e pieno come deve un Beaux Monts), NSG 1er cru La Richemone (a cui sono legato sentimentalmente da quando lo vinificava Pernin-Rossin prima di vedere a Pierrot-Minot la vigna) finissima speziatura quasi da Vosne Romanée, elegante, minerale, lunghissimo. Giudizio sospeso per Charmes Chambertin e Mazoyeres Chambertin, ingarbugliati e illeggibili ma con una materia imponente che chiede la prova di appello. Da non perdere di vista.

Arnoux-Lachaux. Un amore tradito, e si sa che poi è difficile perdonare. Per la delusione non ho neanche preso appunti. Perché, mi chiedo, un produttore che ha fatto così tante meravigliose versioni del Vosne Romanée 1er cru Suchots (che peraltro non è stato presentato in questa occasione) mette in commercio vini così deludenti? Attenuante della fase ingrata e prova d’appello, certamente, ma i sentimenti sono quelli che ho detto.

Roumier. E quindi uscimmo a riveder le stelle. Di Cristophe Roumier mi piace tutto: i suoi silenzi, i suoi sguardi che sembrano scavarti dentro, la sua sottile ironia, la sua sicurezza che non scade mai in presunzione e tanto meno in arroganza, ca va sans dir i suoi magnifici vini. Lo Chambolle Musigny è la solita delizia, vero riferimento della denominazione, e la versione 2010 si avvantaggia della brillantezza e della trasparenza dell’annata. Il Morey St. Denis 1er cru Clos de la Bussière è come al solito marcato dal tocco selvaggio del cru, ma migliora di anno in anno ed è ormai a livelli altissimi per la denominazione. Chambolle Musigny 1er cru Les Cras è uno SPETTACOLO. Pensavo fosse difficile superare la versione di Ghislaine Barthod, ma Cristophe c’è riuscito, proponendo un vino che ha tutto, struttura, profondità, mineralità, complessità, la suadenza dei migliori 2009, la freschezza dei migliori 2008, con una definizione chirurgica. Il Bonnes Mares, e non poteva essere altrimenti, è un uscio socchiuso dal quale esce una sottile linea di luce: si intravede il corpo muscoloso ma snello del maratoneta, una spinta e un’energia vitale davvero rara. Il tempo gli conferirà maggiore ampiezza aromatica e distensione, ma già adesso credo si possa dire che da Bonnes Mares difficilmente si può ottenere di più.

Così è se vi pare, ma a me parrebbe meglio se i compagni di avventura (Luca, Giampiero, Giampaolo) e chiunque altro lo voglia, aggiungeranno le loro impressioni e, se necessario, mi correggeranno.

9 commenti to “Diva in Borgogna”

  1. Maestro, ma cosa vuoi che ti corregga, certe cose le ho capite solo dopo averti letto.
    Al massimo potrei raccontare del divertimento; ma per quello sto farraginosamente lavorando in separata sede.

  2. E’ necessario correggerti. Lo faccio subito sperando tu non te ne abbia a male. Manca il neretto alla parola “Matrot”.

  3. P.S.: ma quant’è bella Alida Valli.

  4. Come al solito puntuale e chiaro nei tuoi commenti.

    Concordo pienamente con il pensiero su Therry Matrot, l’ho conosciuto alla Paulée di Meursault degustando degli straordinari Meursault Perrières 1992 e Meursault Blagny 1985 dei vini affilatissimi e minerali. Poi lo abbiamo visitato in azienda l’anno successivo per conoscere la sua idea sui Meursault “vecchio stile” sono vini che quando li assaggi dalla botte o nei primi anni difficilmente ti comunicano qualche cosa ma che con il tempo … Mi ha colpito che nella maturazione del Saint Romain usa il 25% di legno nuovo per avere l’anno successivo il legno usato per Les Perrières (0% di botte nuova).

    Pierre Morey è uno che sa farti vibrare non solo per le sue migliori denominazioni ma anche per un semplice Aligoté o un Auxey-Deresses.

    Oramai i tuoi giudizzi su Voillot non li leggo più sono troppo di parte ;-).

    Nico Rossignol lavora in maniera ineccepibile anche se come dici tu con un’idea un po’ moderna anche se non so se sia una critica.

    Su Perrot-Minot ho lo stesso tuo pregiudizio, vedremo di mutarlo in futuro.

    Tanti Saluti e VIVA LA BORGOGNA, tra l’altro siamo in partenza tra due giorni.

    Stefano

  5. Stefano & Giorgio
    Buon viaggio in Borgogna, leggerò con molto interesse i tuoi report.

  6. dalla mia, minima ma bellissima, esperienza di Borgogna pesco i miei appunti: ”Roumier (Chambolle Musigny 2005 e 1er Cru Les Cras 2007), grandi vini entrambi, di fattura impeccabile…blablabla…una lezione di stile. Qui se becchi l’annata giusta, secondo me c’è da piangere dalla felicità”; ecco la mia domanda: sono arrivate le lacrime?
    tanto per regolarmi, casomai mi preparo ed inizio a piangere ora per i 2010…

  7. Caro Filippo, credo di sapere cosa potrebbe piacerti, quindi con la 2010 potrebbe scapparti la lacrimuccia, temo….

  8. Filippo, per piangere non c’è che da guardare i listini…

  9. Ho aspettato di leggere tutti i tuoi racconti per esprimere la mia opinione: dissento garbatamente sul Domaine Mougneret Gibourg (e so che d’ora in poi Armando mi andrà a cercare per Roma finchè non avrà avuto vendetta) in quanto spesso l’uso del legno, sia pur legno garbatissimo, prevale sulla materia. Concordo sia su Compte Armand quanto sul convincente Clos de la Mouchere di Boillot. Paradossalmente i bianchi borgognotti giovani li voglio così grassi da nascondere al primo assaggio l’acidità per cui ben venga lo stile iperfetato del suddetto Boillot. Non Concordo su Arnoux in quanto la scheletricità dei suoi vini è quello che mi piace a partire dal suo bourgogme pinot fin passando per il suo Chambolle “Le grand Murs” fino ad arrivare Al Mazis Chambertin e al Romanée Saint Vivant. Piccola Nota a margine: mi spiace non abbia avuto l’opportunità di informarci su 3 Domaines a me particolarmente a cuore: Domaine Guffens-Heynen, Vincent Girardin, Domaine Prieure Roch (produttore di rossi tra i pochi da cui accetto la “ciccia”, Fatti salvi DRC s M.me Leroy)

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