Corrispondenza nostalgica

di Fabio Rizzari

Pubblico un recente scambio epistolare di soggetto veronelliano, consapevole dell’altissimo rischio di alimentare la più zuccherosa aneddotica su un tema ormai saccheggiato e devastato dai più avvilenti, autoproclamati allievi del maestro di Bergamo.

Prima dico la mia sul proliferare postumo di tali discepoli. Personalmente di discepolo ne conosco solo uno: Alessandro Masnaghetti. Gino più volte mi ha parlato del Masna come del suo erede. Punto.
Si possono poi annoverare (poche) altre figure che hanno frequentato Veronelli in maniera sufficientemente approfondita e continuativa da poter essere definiti delle conoscenze non occasionali e delle persone apprezzate dal Nostro. Ma su queste non ho elementi circostanziati; Christiane, le figlie, Arturo, i ragazzi di Critical Wine hanno di sicuro più nomi da ricordare. Io posso citare Fernando Pardini, per dirne uno, o – negli ultimi anni – Filippo Polidori (che ha girato un bel documentario su Veronelli).  Tutti gli altri, a cominciare da megagiornalisti che parlano di Gino come del loro faro di scienza, con annessa lacrimuccia pubblica, con Veronelli c’entrano come un citofono con un dipinto di Modigliani.

da Fabio Rizzari ad Arturo Rota

Caro Arturo, una domanda che vorrei farti da anni e che ti faccio – per qualche curioso motivo – solo ora: ti ricordi quando io venni (venìi, vesi) presso la casa editrice per parlare della possibile curatela della guida vini? era mi pare il 1997 o il 1998. In quell’occasione Gino mi fece visitare la sua celebre cantina, e assai generosamente a pranzo aprì (aperse, aprese) una bottiglia di Rossese vigna Curli di Croesi. Bene: ti ricordi per caso se si trattava proprio del leggendario 1978? Io me lo ricordo magnifico, ma purtroppo non riesco da anni a mettere a fuoco l’immagine mentale dell’annata…

Grazie fin d’ora e un saluto cordiale

Fabio

PS a proposito, che ne è della cantina? è già stata trasferita a Bra?

da Arturo Rota a Fabio Rizzari

Caro Fabio,

certo che ricordo. Conoscesti anche Ugo Centurioni quel giorno (il curatore del Bacco in Toscana di Redi, ultimo volumetto della collana I luoghi e la memoria).

Ricordo bene anche l’annata della bottiglia, era proprio il leggendario 1978, forse addirittura l’ultima bottiglia in cantina. Emilio Croesi di cui Gino scrisse: “il mio sindaco/vignaiuolo; nessuno è più vignaiuolo di lui che vive povero, solo per la sua vigna e per la gente”. Gino tanto ha amato quel favoloso cru che molto s’infuriò quando seppe dell”indecente abbandono”.

Cantina: è sempre in via Sudorno, con bottiglie in più che buone condizioni, come la fantastica degustazione a Pollenzo (Barbaresco e Barolo dal 1964 al 1978), ancora una volta ha confermato.

Un saluto caro

Arturo

5 commenti to “Corrispondenza nostalgica”

  1. Caro Fabio
    quando il carico emozionale è troppo grande, accade che la penna mi si arresti. Perciò raramente parlo (e men che meno sparlo) di Luigi Veronelli. Come certe cose care ( e rare), me le tengo per me. Grazie comunque della citazione. Invece del Curli ne parlo volentieri. Perché l’ho visto e ne ho discusso coi vignaioli vecchi e nuovi di Dolceacqua. Piccolo e isolato, alto alto ed esposto non grandissimamente bene, forse è uno di quei cru selettivi a cui abbisognano stagioni speciali per esprimersi appieno. Così forse quel ’78, che ahimé mai ho assaggiato. Però il vecchio Curli rivivrà. I primi frutti stanno già maturando nelle cantine di Maccario Dringenberg, che cercherà di non far rimpiangere le creazioni d’antan del vecchio sindaco di Perinaldo.
    ciao
    fernando

  2. ….pensate se uno come Gino fosse nato in qualsiasi altro luogo che non sia questo confuso Paese!?!? Mi viene da ridere al solo pensiero di quello che avrebbero fatto i nostri amici Francesi…

    Fatto? …..dai non incazzatevi, e’ la nostra forza…sarebbero capaci tutti a fare grandi cose su grandi Uomini.

    Detto questo, io di certo non sono stato un suo allievo, ma sono stato un suo autista! Un autista “curioso”!
    Ed e’ li’ che ho potuto osservere la sua Genialita’ , ma anche la sua ingenuita’ nel non accorgersi spesso di chi aveva difronte.

    Conobbi Gino in un momento della mia vita particolare, lui mi diede un bicchiere di Vino e mi disse: mi cambio’ la vita, e se oggi faccio quello che avrei sognato di fare ( come molte aziende vinicole Italiane!!! Giornalisti, pr, enologi, ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc) il merito e’ solo suo!! E non passa giorno che non lo pensi…

    Per tutto il resto….no comment!
    Fp

  3. Caro Fabio,
    Il tema è certo saccheggiato e devastato, ma – credo io – anche superato.
    Perchè la risposta non esiste, o meglio sarebbe sempre parziale, irrisolta.
    Forse, è sbagliata la domanda.
    Per tale ragione – scusami – non contribuisco alle citazioni.
    Mi autocito, però, in risposta alla tua richiesta di “elementi circostanziati” su di me.
    Ho trascorso 20 anni con Gino, solo la sua scomparsa ci ha divisi.
    Un rapporto quotidiano, intenso, anche dialettico e non sempre lineare, ma di fiducia, di affetto e di rispetto mai venuti meno.
    Me li “porto dentro” – lui e il nostro rapporto – in ogni gesto delle mie giornate, di lavoro e no. Un erede per ciò? Non so, ma non m’interessa. Semplicemente, cerco di far vivere la sua memoria, “farcito” come sono di lui, e con quanta più concretezza possibile.
    E’ – lontano da ogni enfasi retorica – una mia grande missione.
    Custodisco il suo archivio con entusiasmo e cura maniacali, convinto dell’utilità per chi – sono tanti – crede nella qualità della vita e, come invitava lui sin quasi all’ossessione, “nell’assunzione di responsabilità”.
    Utilità che, sino al momento in cui quell’archivio non sarebbe stato (ri)sistemato e (ri)ordinato, non avrebbe potuto esserci. Oggi si. Ci ho messo circa tre anni, l’ho fatto in silenzio, in solitudine, in parte anche ai margini, senza progetti precisi, ma con incrollabile determinazione. Ma non è un lavoro finito, è senza soluzione di continuità, perchè sempre qualcosa s’aggiunge, o si corregge.
    Lì, in quel patrimonio, è la sua vera eredità, non in qualcuno, lui ha lasciato tante scie.

    E, caro Fabio, lascia pur, se incontri pavoni, che mostrino la coda…

    Un saluto affettuoso anche a Fernando e Filippo (a proposito Filippo: ma non posso avere una copia di quel documentario?)

    • Caro Arturo, hai del tutto ragione. Anzi, scusami: rileggendo il mio appunto (perché tale è stato, scritto di getto) mi accorgo di aver dato per scontato e quindi per implicito che tu fossi tra i pochi, pochissimi davvero degni dell’eredità veronelliana. L’accento en passant al tuo nome (e non al cognome) aveva proprio questo significato: i parenti e il collaboratore più storico sono ipso facto gli eredi diretti. La tua opera di tutela, recupero di inediti e valorizzazione dell’ampio archivio di Veronelli è encomiabile.

      Un saluto cordiale, ci sentiamo presto per un incontro di persona
      Fabio

  4. Buona sera, sono una pronipote acquisita di Croesi, volevo puntualizzare che sarebbe stato impossibile portare avanti la vigna in quanto il terreno era in affitto purtroppo.

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