Quadrilogia della vendemmia, terza parte

di Raffaella Guidi Federzoni

1995 – Coming to age

“Per forza è rimasta incinta, con quel melograno lì fuori!”. Questo fu il commento del Vecchio Gentiluomo al mio annuncio. Era di ottimo umore e ne aveva ben donde. Si era appena conclusa una degustazione di fuoriclasse, in onore del mitico Wine Writer Britannico, per la prima volta da quelle parti: 1945-1955-1964-1975 più una manciata di annate più recenti.

L’evento fu un successo, quando dopo circa un mese uscì il pezzo però l’interrogativo maggiore posto dal giornalista era “può la capacità di invecchiamento di un vino essere il punto di forza della sua qualità?”, in parole povere “si può considerare grande un vino che all’inizio della sua vita in bottiglia non sembra un granché e che ha bisogno di tanti anni prima di manifestarsi nella sua pienezza?”.
Secondo me a quei tempi gli anglo scrittori sapevano assai poco riguardo a molti vini italiani e giustificavano la loro ignoranza con domande assurde che non avrebbero mai fatto relativamente ad un Borgogna o ad Bordeaux. Oggi qualcosa è cambiato, ma non poi più di tanto.

Un grande vino ha bisogno di tempo per diventare, appunto, grande. Non è detto che da piccolo o giovanetto non dimostri doti di piacevolezza e bevibilità. Spesso assaggiandolo in fasce viene da pensare come davanti ad un pupo in carrozzina “chissà che bello sarà da grande” e poi magari si rimane delusi una volta riassaggiato in quella che dovrebbe essere l’inizio dell’età adulta. Ci sono invece i casi in cui onestamente ci si interroga su come quei lineamenti sgraziati potranno amalgamarsi in un viso adulto, rendendolo caratteristico ed indimenticabile. Lo stesso è nel vino, dopo aver aspettato anni si rimane stupiti del risultato, contenti di fronte ad un campione di eleganza e complessità.

Il 1995 è un’annata perfetta per rappresentare le due diverse evoluzioni. Ho riassaggiato vini che più di dieci anni fa mi avevano colpito per l’ampiezza aromatica e la forza propulsiva in bocca e che ormai sono appiattiti in un coma eterno. La maggior parte però dei Brunello che bevo con gioia e che appartengono a quella annata hanno superato la prima infanzia e lo scoglio dell’adolescenza. Ora si presentano come giovanotti scattanti, pieni di ambizioni in parte già accontentate. Vini fragranti al naso e pieni in bocca, cominciano a lasciare una lunga traccia dietro di sé. Se nei primi anni di vita avevano ognuno delle discordanze, adesso hanno raggiunto un’omogeneità da punteggio alto se non altissimo per il loro esame di maturità. Questi sono vini che vivranno ancora a lungo, se gliene daremo la possibilità. Cosa di cui dubito perché sono troppo attraenti in questa fase. La bellezza della gioventù con un tocco di consapevolezza.

A fine primavera mi misi a letto. Passò l’estate davanti alla finestra dell’ospedale, sentivo il caldo e chi mi veniva a trovare mi raccontava di come tutto andasse per il meglio, a casa e nelle vigne. Ripreso possesso della mia camera, continuai a guardare fuori, aspettando un figlio che scalciava nella pancia e ascoltando l’altro che cantava arrampicato di una scaletta. Stava aiutando suo padre a pestare l’uva nel tino. La prima e l’ultima volta che fu compiuta una vendemmia proprio nostra.

Il giorno del battesimo, il maggio successivo, le poche bottiglie prodotte scomparvero in un lampo. Un vino così non l’ho più bevuto. Adesso mi ritrovo uno spilungone scalciante per casa, sta superando l’acne giovanile e presto diventerà bellissimo. Come il vino che abbiamo saputo aspettare.

One Comment to “Quadrilogia della vendemmia, terza parte”

  1. Commosso ringrazio per la dedica. La 1995 è un’annata che adoro, in molte regioni d’Italia dove spesso è stata oscurata a favore di altre annate adiacenti (a volte a ragione, a volte no). Trovo oggi i Brunelli di quel millesimo davvero favolosi, sulla via del completamento e della piena goduria. Avercene a casse ci sarebbe di che godere! :-)

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