La Ferrari e l’imperatore

di Raffaella Guidi Federzoni

La domanda è arrivata subdola, dopo un’ora e più passata a discutere sul senso del vino italiano, il suo futuro, le sue possibilità commerciali. Luogo della discussione: Seul, Corea. Arrivati dopo una tappa a Pechino, una a Hong Kong, una a Tokyo. Il mio interlocutore è un uomo di vino e di mercato, una persona che ha un suo enogusto personale e uno invece professionale. Per capirci, io mescolo i due gusti con risultati poetici e raffinati, ma anche poco concreti, monetariamente parlando. Io riesco a vendere un vino della cui qualità sono pienamente convinta, lui vende vini anche così così che però interpretano e si adeguano ai palati ignoranti e immaturi dei nuovi ricchi globali.

Quindi la discussione era vivace e motivante, trattandosi egli di un homo testosteronico (d’ora in poi nominato HT) e la sottoscritta una foemina utilizzatrice di estrogeni come pallottole. Infognata com’ero nel difendere la tipicità, l’unicità, la diversità e tutte le altre “-tà” patrimonio della vitivinicoltura italiana non mi sono accorta dello sguardo trionfante e dominatore del suddetto HT quando, incuneandosi fra le mie frasi a getto continuo, mi ha chiesto:

“In base alla tua esperienza quale vino o azienda rappresenta per l’immaginario internazionale l’equivalente della Ferrari?”

Ebbene, mi sono sentita vinta, sconfitta. Hai voglia a pensare al Monfortino, al Brunello di Biondi Santi o di Poggio di Sotto, al Trebbiano di Valentini. Questi sono praticamente sconosciuti ai più, a coloro che sono in grado di spendere soldoni nelle aste, personaggi che arrivano guidando una delle loro Ferrari o Lamborghini, che regalano alle mogli o amanti gioielli di Bulgari. Le Rock Star e gli esponenti più in vista dello Showbiz che passano con leggerezza da una Jeroboam di Cristal ad una sniffata di coca. Costoro, se scelgono un vino italiano preferendolo ad uno dei Grands Crus Classés, la stragrande maggioranza delle volte optano per Sassicaia, Solaia, Ornellaia, Masseto. Vini di altissima classe e qualità, ma non certo frutto di una tradizione centenaria e di vitigni autoctoni.

L’unica alternativa rispondente a qualcosa di italiano e territoriale sono i vini più costosi di Angelo Gaja. Quest’ultimo per me però è al di sopra delle parti e, con tutta l’ammirazione e la stima che ho per lui, i suoi vini non mi rappresentano una certa “piemontesità” legata ad un territorio unico ed irripetibile.
Questa è l’amara verità. Il nostro Made in Italy vinicolo al momento è rappresentato nella fascia più alta ed esclusiva da vini che hanno un’impronta internazionale e che si sono creati una fama inossidabile non solo con l’intrinseca qualità, ma anche con una lunga ed oculata operazione di marketing.

Concedendo l’onore delle armi al mio interlocutore ho avuto un piccolissimo premio di consolazione: è arrivato al banchetto di assaggio un codazzo di asiatici ben vestiti e anche piuttosto alticci. Il ragazzo occhialuto che li guidava si è profuso in esclamazioni di piacere di fronte alle due etichette dei miei vini, entrambe fornite di stemma nobiliare e storico. Indicando quella rossa mi ha chiesto con l’enfasi del conoscitore che finalmente aveva trovato quello che cercava “Is this the wine that the Emperor of Italy drinks?” Naturalmente gli ho risposto di sì.

12 commenti to “La Ferrari e l’imperatore”

  1. Tutto vero, ma bisogna anche cercare di capire perche’.
    Mentre in tutto il mondo i paesi produttori di vino fanno promozione, diciamo cosi’ “con parole loro”, noi per tutti questi anni abbiamo affidato la promozione dei nostri vini ai giornalisti americani, principalmente due che non sto neanche a nominare tanto li conosciamo tutti.
    Qual’e’ stato lo sforzo del “vino italiano” di farsi conoscere da chi conta nel mondo per orientare i consumi? Quanti “educatori” di vino abbiamo educato in tutti questi anni?
    Se non siamo noi a spiegarci, lo fara qualcun altro. Basta poi non lamentarsi se lo fa con il gusto suo.

  2. Ti aspettavo al varco, caro Gianpaolo. Il tuo commento conciso e preciso è perfetto.

  3. Squisita ed alterata scriba, il tema m’è caro e dall’incubatrice dei miei sogni è solo da poco venuto alla luce del mondo.
    La vexata quaestio che seppur profonda delicatamente svela alberga però, a mio sommesso avviso, in altro luogo.
    Noi miopi, spesso forniti di approssimate dosi d’una autostima troppo spesso mescolata ad eccessive percentuali di nerboruto Ego. Noi troppo poco forniti di quel sano, salvifico cinismo, non ci accorgiamo del nostro patimento, dell’errore di stima che commettiamo guardandoci allo specchio.
    L’ingenua, leggera venatura, talvolta poetica, che contraddistingue noi italici naviganti ci porta, a gran torto, a riconoscerci come punto-di-riferimento d’un mondo che in “verità” è effimero, volubile, inagguantabile. Un’eterea fata morgana. Un asticella che con le maree/mercati si alza o abbassa e noi regolarmente saltiamo fuori tempo. Eccezion fatta appunto per i succitati gaja, aia…
    Altro punto che mi premerebbe sottoporre alla di Lei attenta analisi: una nitida consapevolezza degli obiettivi e dell’interlocutore che ci si vuole scegliere, per una gradevole conversazione o per un mercato a cui proporre i nostri prelibati frutti, rimane determinante affinché – invece di subire agenti esogeni che guatando son lì pronti ad alterare la nostra già esile “self-confidence” – si possan produrre compiute e proficue missioni di sano “proselitismo”.
    Che alla corte dell’imperatore Alcool e della sua consorte Ambrosia, della dinastia Vin, Bir o Idromel che sia, non v’è accolito che non si inchini con deferente reverenza.

  4. Squisito Daniele, mi crede se Le dico che non ho capito nulla di quello che ha scritto?
    Mi sembra di starle simpatica, e che simpaticamente mi stia prendendo per le mele. Per il resto mi può fornire una traduzione più alla portata delle mie scarse facoltà di comprendonio?

  5. Concordo, ma in fondo chi produce vini veraci, che solo pochi conoscono, è quasi meglio per i pochi che lo sanno aprezzare. Gli amanti del tipico italiano sono molto più avanti e invece di sbandierare Ferrari, ambiscono o posseggono una bella auto ecologica, da una Mercedes Blue Tec Hybrid fino a una Fiat Panda Natural Power !

  6. Cito: “Squisito Daniele, mi crede se Le dico che non ho capito nulla di quello che ha scritto?”

    Se permetti provvedo io.

    “Cara Nelle Nuvole, è un tema importante a cui ho cominciato a pensare solo recentemente.
    L’argomento che affronti è vecchio, ma il punto è un altro.
    Gli italiani sono troppo vanitosi ed egocentrici per avere una visione lucida delle cose. Eppure basterebbe una punta di sano cinismo materialista a salvarci dal nostro narcisismo.
    La retorica umanistica porta l’italiano medio a porsi al centro di un mondo che invece gli sfugge in continuazione. Esclusi i famosi Gaja e i pochi aristocratici supertuscaneggianti, ci fosse una volta che i produttori italiani abbiano un buon time to market.
    Non si può avere successo senza procedere ad un’adeguata segmentazione del mercato eccetera, come da pagina 3 a pagina 5 delle 12 pagine della Bibbia dell’Esperto di Marketing del mondo del vino italiano: “marketing for dummies”. Di solito chi non sa un tubo né di marketing né di mercato, né di vino né di degustazione, svela questa segretissima ricetta magica che nessuno conosce vestendola nella maniera più astrusa possibile, sperando che chi ascolta ne rimanga molto ‘mprizziunatu.
    Tanto alla fine a ‘mbriacasse je piace attutti.”

    Finito.

    :°)

  7. E se fosse che Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Riesling sono vitigni insuperabili per fare vino di eccellenza?

  8. Gentili voi, un sentito ringraziamento per i commenti e per l’improvvido tentativo di “translitterazione”, il gaio sorriso che ora vesto è secondo solo alla lettura di Spinoza. Ve ne ringrazio veramente assai.
    Squisita RGF, mi mortifica sapere che la mia (evidentemente criptica) alterazione le abbia fatto percepire un tentativo di “prenderla per le mele”, ci tengo sappia che era sideralmente lontano dalle mie intenzioni.
    La continuerò a leggere con sommo interesse e, dovessi mai commentare un’altra volta, assumerò sostanze meno alteranti, glielo assicuro.
    Buon pomeriggio e miglior fine settimana

  9. L’importante è non lasciare a Daniele il compito di comunicare il vino italiano abroad.

  10. beh, simpatica chiosa gentile Giovanni… :)

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