Matteo Bandello fu scrivitore e alterato: alterato dal “mal d’amore” per Violante Borromeo. Fu pure vescovo, ma vescovo piuttosto mondano. Lo testimonia l’infiammata lode al vino della Novella VI:
Chi non sa che il buono vino maturo, chiaro e odorato è uno liquore soavissimo, vero sostenimento della vita umana, rigeneratore degli spiriti, rallegratore del core e restauratore potente e efficacissimo di tutte le vertuti e azioni corporali? (…) E secondo che è preso si come richiede il bisogno de la temperatura de li corpi nostri conferisce molto al nodrimento del corpo, genera ottimo sangue (…) fa buono animo, rasserena l’intelletto, rallegra il core, vivifica gli spiriti, provoca l’orina, caccia la ventosità, aumenta il calore naturale, ingrassa li convalescenti, (…) fa buono e bello colore e caccia fuori tutte le superfluità.
Ebbe anche la prodigiosa fortuna di vedere Lionardo alle Grazie, mentre faceva il Cenacolo. Ne ha lasciato bellissima testimonianza nella novella LVIII:
Soleva anco spesso (Leonardo), et io l’ho più volte veduto e considerato, andare la mattina di buon’ora a montar sul ponte, perché il Cenacolo è alquanto di terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino all’imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordandosi il mangiare e il bere, di continuo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui tre e quattro dì, che non v’avrebbe messo mano e tuttavia dimorava talhora una o due ore al giorno e solamente contemplava, considerava, et esaminando fra sé, le sue figure giudicava. L’ho veduto (secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava) partirsi di mezzogiorno, quando il sole è in leone, da Corte Vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto alle Gratie: e asceso sul ponte pigiare il pennello et una o due pennellate dar ad una di quelle figure e di subito partirsi e andar altrove.